Gino Strada: "Urge assicurare un mondo migliore ai figli"

In un discorso a Seul, il fondatore di Emergency, parla di pace, di guerra e di integrazione

gino strada urge assicurare un mondo migliore ai figli

Sono stati giorni di guerra con il mondo sull'orlo di un baratro in equilibrio sempre più precario. Giorni di omicidi, stragi e nazionalismo. Giorni che hanno l'odore, i colori e la voce dei momenti più scuri, tristi e drammatici della storia dell'umanità. 

A mancare in questi giorni di guerra e violenza, è stato il pacifismo, le persone che scendono in piazza contro la guerra e le atrocità del potere per chiedre pace e futuro. Questo è il segnale di un occidente assuefatto alla violenza, di una società incapace di indignarsi e cosi debole da non essere in nessun modo in grado di condizianare la comunità internazionale. Dunque il vero assente è stato il movimento pacifista che non riesce più a riempire le piazze. Per questo oggi ricordare un discorso di Gino Strada, il presidente e fondatore di Emergency, ha un valore importante. Strada è uno dei simboli del pacifismo attivo che non si ferma alle parole ma agisce e con la sua associaizone ha aperto ospedali nei luoghi di guerrra dai quali tutti fuggono. 

Nel 2017 Gino Strada fu insignito del Premio Sunhak per la Pace, in quell'occasione tenne un discorso nel quale rivela le ragioni profonde del pacifismo attivo e del suo impegno concreto. Quello di oggi è un discorso nel quale si mostra come i fenomeni che stanno minacciando la pace del nostro mondo, siano tutti frutto della mancanza di umanità.

Signore e Signori,
È un onore per me ricevere il Premio Sunhak per la Pace, soprattutto in tempi come quelli odierni, sempre più segnati da guerra e violenza e in cui ogni messaggio di pace è percepito come irreale ed utopico.
Desidero ringraziare il Rev. Sun Myung Moon ed il Dr. Hak Ja Han Moon per aver dedicato la propria vita al raggiungimento della pace universale e alla promozione dei valori fondamentali della pace, del dialogo e della cooperazione nel nome della famiglia umana. Oggi più che mai, urge la necessità di costruire un mondo migliore per le generazioni future e di creare le condizioni per una pace sostenibile.
Ho potuto vedere le atrocità della guerra ed il suo impatto devastante coi miei stessi occhi. Ho trascorso gli ultimi trent’anni della mia vita in Paesi dilaniati dalla guerra, operando pazienti in Ruanda, Perù, Etiopia, Somalia, Cambogia, Iraq, Afghanistan e in Sudan. In questi e in altri Paesi, EMERGENCY – l’organizzazione umanitaria che ho fondato 23 anni fa – si impegna a fornire assistenza medico-chirurgica gratuita e di alta qualità alle vittime della guerra – guerra i cui effetti non si limitano ai rifugiati e ai feriti, ma hanno gravi ripercussioni sul futuro di intere generazioni.
Molti dei conflitti che ad oggi affliggono tali Paesi, riducendo le loro popolazioni a una vita di fame e miseria, sono spesso non dichiarati o deliberatamente taciuti. I massacri però continuano ad aumentare, tanto che ormai è diventato difficile ricordarli tutti. Per la maggior parte di noi, tali eventi appaiono così lontani ed estranei alla vita quotidiana: è facile ascoltare i notiziari, senza però rendersi conto che per ogni bomba, per ogni colpo di mortaio, ci sono persone che lottano per sopravvivere. Il novanta per cento delle vittime delle guerre dei nostri tempi sono rappresentate da civili, persone proprio come noi, con le stesse necessità, le stesse speranze e gli stessi desideri, per sé e per i propri cari: il desiderio di poter vivere in un mondo sicuro, di stare insieme, di essere protetti.
Secondo stime recenti, ‘otto persone nel mondo possiedono la stessa ricchezza della metà più povera della popolazione mondiale, ovvero 3,6 miliardi di persone. Nel frattempo, ogni giorno, una persona su nove va a letto affamata’. E ci sorprendiamo ancora del fatto che sempre più persone decidano di intraprendere viaggi pericolosi in cerca di un futuro migliore.
Lo scorso anno, oltre 60 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case in cerca di protezione e sicurezza.
Inseguivano il sogno di vivere in pace, ma noi ci siamo mostrati sordi di fronte alle loro speranze.
'Cosa ho fatto di male?' - mi ha chiesto una volta un ragazzo somalo appena approdato in Sicilia. Non sono stato in grado di dargli una risposta.
Benché i migranti che giungono in Europa rappresentino solo una piccola parte dell’intera popolazione di sfollati sparsi per il mondo, la cosiddetta “crisi migratoria” ha messo allo scoperto l’ipocrisia che caratterizza l’approccio europeo alla questione dei diritti umani. Da un lato, infatti, promuoviamo fermamente i princìpi della pace, della democrazia e dei diritti fondamentali dell’uomo, mentre dall’altro, siamo impegnati nella costruzione di una fortezza fatta di muri e barriere culturali, negando l’accesso e l’aiuto di base a migliaia di persone in fuga da guerre e povertà.
Il caso dell’Afghanistan ne è un esempio emblematico.Negli ultimi 15 anni, l’Afghanistan è stato devastato da una nuova guerra. Ogni anno, nei nostri ospedali sparsi in tutto il Paese, registriamo un nuovo record di feriti di guerra, un terzo dei quali è costituito da bambini.
L’Afghanistan è ad oggi il secondo Paese d’origine di rifugiati di tutto il mondo (superato solo recentemente dalla Siria). Circa 3 milioni di Afghani hanno infatti cercato rifugio al di fuori del proprio Paese e vivono principalmente in Pakistan e in Iran. Per molti anni, questa tragedia è stata ignorata dai Paesi occidentali, ed è diventata una priorità solo quando i rifugiati afghani hanno iniziato a dirigersi in Europa. In risposta a questo crescente flusso migratorio, piuttosto che investire in programmi di accoglienza e di integrazione e affrontare le cause alla base del conflitto, i leader europei hanno firmato un accordo con il governo afghano, che li autorizza a deportare legalmente i richiedenti asilo, facendo fare loro ritorno in Afghanistan in cambio di aiuti finanziari.
Le vite spezzate di tutte queste persone ci spronano a riflettere, ci chiedono di intervenire per mettere fine alla spirale della guerra e della violenza.
Se davvero vogliamo impegnarci per garantire la sopravvivenza del genere umano, l’abolizione della guerra è un presupposto necessario e inevitabile. Essa rientra nell’ambito del mandato delle Nazioni Unite, organizzazione fondata 67 anni fa, anche se, ancora oggi, ben poco è stato fatto per adempiere a tale mandato originario.
Noi di EMERGENCY crediamo fermamente che l’abolizione della guerra sia l’unica soluzione realistica ed umana per mettere fine alla sofferenza del genere umano e per promuovere i diritti umani universali. A tale scopo, EMERGENCY si sta impegnando per lanciare una campagna internazionale che vedrà il coinvolgimento di personalità di fama mondiale, ma anche di comuni cittadini. Quanto dico potrà sembrare utopico, ma in realtà si tratta di un obiettivo realistico e realizzabile. Spetta adesso ai cittadini del mondo agire e conquistare la pace. Rinunciare alla logica della guerra e seguire i princìpi di fraternità e solidarietà non è soltanto auspicabile, ma urgentemente necessario, se vogliamo che l’esperimento umano possa continuare.
Quest’oggi, sono molto lieto di avere la possibilità di invitare caldamente tutti voi a unirvi a noi in questo grande sforzo comune.
Grazie”