11/9/01 quando una generazione perse l’innocenza

Il discorso di George W. Bush con il megafono tra le macerie a Ground Zero

11 9 01 quando una generazione perse l innocenza

L’11 settembre è una data che ha segnato la storia dell’umanità più volte, quasi come se si concentrasse in quel giorno la potenza di eventi che deviano lo scorrere delle cose. 

L’11 settembre del 1969 ci furono le prime mobilitazioni che diedero il via a quell’autunno caldo che ha segnato per sempre il mondo operaio e la società occidentale in generale.

L’11 settembre 1973 Pinochet con il suo golpe costruito con la Cia depose ed uccise Salvador Allende, presidente socialista democraticamente eletto che aveva fatto sognare le sinistre del mondo non sovietico e che le aveva precipitate nell’incubo di rendersi conto di non poter mai arrivare al potere neanche vincendo le elezioni. 

L’11 settembre del 2001 con gli attacchi a New York e a Washington si apre un’altra fase della storia e l’occidente inizia a parlare di terrorismo islamico, di guerra asimmetrica. Le immagini dei due aerei che si schiantano nelle torri gemelle di Manhattan arrivano in diretta nelle case di tutto il mondo. Un evento globale, forse il primo di una tale dimensione, che produce panico, rabbia. Immagini che distruggono alle fondamenta quelle certezze di sicurezza e stabilità che dal 1989 non erano state più messe in discussione. 

Quel giorno un'intera generazione ha perso l’innocenza, le vite di tutti sono cambiate. Quel giorno sono iniziate guerre alle quali ci siamo abituati, che non fanno neanche più notizia. Quel giorno i luoghi della vita, del lavoro, della socialità, i luoghi della libertà sono stati violati da una violenza che ha cambiato in maniera profonda l’occidente. 

Nel 2001 gli USA sono governati da uno dei presidenti più inadeguati che la storia ci abbia mostrato, George W. Bush, figlio d’arte ma capace di dare sempre la sensazione di essere fuori posto. Mentre l’America è sotto attacco per la prima volta nella sua storia, il Presidente era in visita ad una scuola, la “Emma E. Booker” di Sarasota, in Florida. Le immagini del capo di gabinetto della Casa Bianca che entra nell’aula dove il presidente assiste ad una lezione di lettura, e lo avvisa degli attacchi, parlandogli nell’orecchio, e di Bush che resta per 20 minuti senza fare niente, continuando a leggere una storiella su una pecorella, hanno segnato la storia, mostrando un presidente che aspettava qualcuno che gli dicesse cosa fare e cosa dire. 

L’11 settembre 2001, con quegli aerei di linea dirottati che si schiantano nel simbolo del capitalismo occidentale, ha segnato la fine delle teorie della “fine della storia” con la caduta del sistema sovietico e la storia purtroppo continua ed è sempre fatta di sangue, violenza, carnefici, vittime e innocenti. Da quegli attentati iniziò la guerra asimetrica, Stati che combattono entità globali come quelle terroristiche che per loro natura non hanno confini e che colpiscono simboli e non obiettivi militari.
Al disegno tanto folle quanto criminale del terrorismo l’occidente “civile e democratico” ha risposto con un disegno ugualmente folle e criminale, quello della guerra preventiva ad una fantomatica “Asse del male”. Una guerra come quella in Afghanistan che oggi è ancora in corso e ha fatto contare 74.700 morti militari e tra le 140 000 e 340 000 vittime civili è frutto di quel giorno e delle scelte scellerate del nostro mondo. 

Oggi a 19 anni da quel giorno ricordare le parole che quel presidente,di solito inadatto, goffo e fuori posto, pronunciò con naturalezza imprevista il 14 settembre 2001, camminando tra le macerie di Ground Zero, con un vigile del fuoco sotto braccio e le urla delle persone che gridavano “USA”, servono a far capire quanto può la sofferenza unire unpopolo, una nazione, un'intero mondo che condivide alcuni simboli e alcuni valori e quanto bisognerebbe sfruttare questo sentimento sano e le tragedie da cui scaturisce per produrre tolleranza e pace non altre sofferenze e violenze.  

Grazie a tutti. Voglio far sapere a tutti voi 
Dal pubblico: voce..
il megafono non può essere messo a volume più alto. Voglio far sapere a tutti voi che gli americani oggi, gli americani sono in ginocchio, in preghiera per le persone che hanno perso qui la vita, per i lavoratori che lavoravano qui, per le famiglie che piangono. La nazione sta insieme con le brave persone di New York City, e del New Jersey, e del Connecticut, come noi piangiamo la perdita di migliaia di nostri cittadini.
Dal pubblico: George non ti sentiamo
Io vi sento! Vi sento! Il resto del mondo vi sente! E le persone, le persone che hanno distrutto questi edifici sentiranno tutti noi presto! 
Dal pubblico: “ USA, USA, USA…
La nazione, la nazione invia il suo amore e la sua compassione a tutti coloro che sono qui. Grazie per il vostro duro lavoro. Grazie per aver reso la nazione orgogliosa. Che Dio benedica l’America