Un fronte compatto contro l’assedio- Più di cento organizzazioni non governative internazionali, tra cui Medici senza Frontiere, Save the Children e Amnesty International, hanno lanciato un appello urgente al governo israeliano. Denunciano l’assedio imposto a Gaza, affermando che sta provocando una carestia diffusa e morti intorno ai centri di distribuzione. Chiedono l’ingresso senza condizioni dei camion fermi ai valichi e la cessazione immediata delle ostilità. Le stesse Ong riferiscono che anche i loro operatori sono ormai affamati e rischiano la vita per nutrire le proprie famiglie.
Le accuse delle Nazioni Unite e il contrattacco israeliano
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, Gaza sta affrontando una delle peggiori crisi di malnutrizione al mondo, con gran parte dei due milioni di abitanti in pericolo di morte per fame. Israele rigetta l’accusa e accusa a sua volta Hamas di ostacolare la distribuzione, sostenendo che da maggio sono entrati nella Striscia oltre 4.500 camion carichi di beni. Il problema, secondo Tel Aviv, è che molti restano fermi per l’impossibilità dell’Onu di muoversi in sicurezza a causa delle bande armate e del caos nei centri di smistamento.
Un governo insensibile alle pressioni internazionali
Mentre il presidente Herzog ha visitato Gaza per ribadire che Israele opera nel rispetto del diritto internazionale, le frange più dure dell’esecutivo Netanyahu continuano a promettere ritorsioni. Il ministro della Difesa Katz minaccia di “aprire le porte dell’inferno” se gli ostaggi non verranno liberati, mentre la ministra Gamliel pubblica un video generato dall’intelligenza artificiale che mostra Gaza come futura località di lusso, promuovendo una visione di migrazione palestinese “volontaria”. Un progetto che ricalca da tempo il piano dell’ultradestra israeliana di svuotare la Striscia.
Tregua in stallo, arriva l'inviato di Trump
Per provare a sbloccare i negoziati, è previsto oggi l’arrivo in Italia dell’inviato speciale di Donald Trump per il Medio Oriente, Steve Witkoff. L’incontro con i mediatori del Qatar e il ministro israeliano Ron Dermer mira a ridefinire i termini di un possibile cessate il fuoco e l’apertura di un corridoio umanitario. Tuttavia, secondo fonti israeliane, Hamas non avrebbe accettato la proposta di riposizionamento delle forze armate israeliane, elemento chiave dell’intesa in discussione a Doha.
Il corridoio di sicurezza e le richieste in sospeso
La nuova mappa negoziata prevede il ritiro delle truppe israeliane dal centro di Gaza in favore di una fascia cuscinetto larga fino a 1.200 metri lungo il confine. Restano però nodi cruciali da risolvere: la gestione della Gaza Humanitarian Foundation americana, il numero dei detenuti da liberare in cambio degli ostaggi, e le garanzie offerte dagli Stati Uniti. Sullo sfondo, la recente mozione della Knesset per estendere la sovranità israeliana sulla Cisgiordania riaccende le tensioni territoriali.
La voce dello scrittore: Gaza come il Biafra
A osservare con dolore e lucidità le immagini che arrivano da Gaza è lo scrittore argentino Martín Caparrós. Autore del saggio “La Fame”, Caparrós paragona le attuali immagini della Striscia a quelle del Biafra degli anni Sessanta. Secondo lui, la fame a Gaza non è una conseguenza, ma un’arma deliberata, un ritorno alla strategia medievale dell’assedio. E denuncia l’immobilismo dell’Occidente, affermando che la fame colpisce sempre “gli altri” e per questo non genera azioni concrete, ma solo indignazioni momentanee.
