Emergenza cinghiali, Enpa: «La caccia non è la soluzione»

Saverio Capriglione, capo nucleo della sezione provinciale, suggerisce altre forme di prevenzione

Mugnano del Cardinale.  

«Uccidere gli animali a fucilate non è una soluzione». Lo afferma Saverio Capriglione, capo nucleo delle guardie zoofile di Avellino. Un intervento attraverso il quale intende rendere pubblica la posizione della sezione provinciale Enpa sull'emergenza cinghiali che in Irpinia sta interessando numerose comunità, producendo un vespaio di polemiche sulle modalità per prevenire o combattere il fenomeno. 

«Oggi, dopo tanti anni di battute ed abbattimenti, abbiamo la dimostrazione che la caccia non è la soluzione ma il problema, che è tra l'altro sotto gli occhi di tutti», spiega Capriglione. «L’attività venatoria ha infatti procurato moltissimi problemi in relazione a tante specie, tra cui i cinghiali, la cui presenza su vasta scala è dovuta proprio ai ripopolamenti effettuati ad uso e consumo dei cacciatori», aggiunge il capo nucleo Enpa per il quale «le uccisioni indiscriminate hanno causato e continuano a causare una destrutturazione dei branchi, poiché spesso ad essere uccisa è proprio la matriarca». Ciò determinerebbe la dispersione sul territorio di femmine che possono andare a creare altri branchi aumentando così il potenziale riproduttivo della specie.

E' per tale ragione che, secondo l'Enpa, «gli abbattimenti selettivi non rappresentano una soluzione efficace, né duratura nel tempo: se, dopo tanti anni di politiche di uccisioni degli animali selvatici, il problema è aperto, ciò significa che la politica finora adottata non è la soluzione del problema. E' dall'analisi di questa politica fallimentare che occorre partire, considerando anzitutto la gestione faunistica come materia da cui il mondo venatorio deve essere necessariamente escluso. E’ ormai giunto il momento di un radicale cambio di strategia e di approccio alla materia, coinvolgendo associazioni animaliste, ambientaliste, istituzioni locali ed enti-parco».

L'Ente Nazionale Protezione Animali propone così una serie di procedure da applicare prioritariamente rispetto a qualsiasi forma di controllo selettivo. A cominciare dai censimenti di verifica sull'entità della popolazione. «Il censimento, ad opera di istituti scientifici riconosciuti, deve avvenire non solo su possibili stime, ma occorre partire da dati certi per comprendere il fenomeno, inteso nella sua globalità e nelle sue variabili e componenti ambientali e sociali - spiega Capriglione - Occorre quindi non solo avere un numero degli esemplari più vicino possibile a quello che può essere realmente, ma è necessario, ad esempio, valutare ed accertare danni, esaminandone le dinamiche e finalizzare il tutto ad un necessario studio sulle cause ambientali che hanno causato il tutto, anche portato ad una eccessiva proliferazione degli animali, quest’ultima sempre denunciata ma mai scientificamente ed oculatamente accertata».

Capriglione auspica però anche una serie di misure normative tese ad attenzionare quel che avviene negli allevamenti. «E’ ormai improcrastinabile un attento e minuzioso controllo sulle aziende che allevano cinghiali a fini alimentari. Gli allevamenti autorizzati devono garantire, attraverso recinzioni adeguate, che nessun animale possa fuggire», afferma l'animalista irpino. «Allo stesso modo - precisa - è necessario un attento coordinamento tra enti parco, associazioni, istituzioni e forze dell’ordine  per evitare il fenomeno dei piccoli allevamenti abusivi di cinghiali, sempre finalizzati alle immissioni illegali a scopi venatori».

La problematica cinghiali sarebbe inoltre correlata anche all'inquinamento ecologico. «Una delle fonti alimentari del cinghiale è costituita dai rifiuti, non solo quelli prodotti nei grandi centri abitati, ma anche quelli dei piccoli paesi. E’ indispensabile quindi eliminare l’accesso ai rifiuti, o ancor meglio rendere più efficace il processo della raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani».

Ai comuni, specialmente quelli montani, spetterebbe invece prodigarsi per una corretta informazione scientifica sulla fauna selvatica («è prioritaria poiché contribuirebbe a fare in modo che azioni non corrette possano scatenare nel selvatico reazioni totalmente naturali ma potenzialmente pericolose per l’uomo») e per la sicurezza stradale: «Esistono dispositivi che, se utilizzati, possono ridurre a zero il rischio di incidenti, causati spesso dall’alta velocità. Autovelox ad esempio rappresentano un efficace deterrente che obbliga gli automobilisti ad una andatura moderata mentre le bande e i dossi artificiali li costringono ad una guida prudente». 

Infine, una soluzione anche per gli agricoltori, la categoria che più di ogni altra si sta lamentando per i danni provocati dai cinghiali. «Per quanto riguarda le coltivazioni, esistono vari metodi di protezione, anche non troppo limitativi alla circolazione di tutta la fauna selvatica. Tali sistemi, la cui applicazione - ai sensi della legge 157/92 art.19 - è prioritaria rispetto agli abbattimenti, risultano particolarmente efficaci quando vengono utilizzati contemporaneamente: dissuasori olfattivi, sonori, meccanici ed elettrici».

 

Rocco Fatibene