Avellino, aste truccate: spunta supertestimone

Ascoltata una donna, aveva un ruolo istituzionale al Comune: informata sui fatti

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Avellino.  

C'è un pool di professionisti, di investigatori che da qualche tempo sta cercando di mettere insieme i pezzi di un puzzle complicato, dove all'interno figurano diversi personaggi che interagiscono tra loro con un unico obiettivo: soldi e potere. 
Il pool della Direzione distrettuale Antimafia di Napoli, con i pm Luigi Landolfi, Simona Rossi ed Henry John Woodcock, insieme agli investigatori coordinati dal capitano del Nucleo Investigativo dei carabinieri di Avellino Quintino Russo, sta scandagliando gli angoli più bui della città di Avellino, quegli ambienti che mai nessuno era riuscito a “toccare” prima. 

Nel mirino c'è soprattutto il mondo politico, ma anche professionale e imprenditoriale. Sono arrivati addirittura nelle stanze del palazzo di giustizia. 
L'inchiesta delle aste giudiziarie viaggia parallelamente a quella sulla esistenza del clan Partenio, con a capo i fratelli Pasquale e Nicola Galdieri. Le due vicende giudiziarie a un certo punto si intersercano perché gli stessi personaggi si muovono tra il mondo politico e quello criminale. 
Oggi pomeriggio, al cospetto degli inquirenti è arrivato un supertestimone. Una persona, non indagata, ma ascoltata perché informata dei fatti. Una donna che in passato ha ricoperto incarichi istituzionali al Comune di Avellino. Si vocifera che si tratti di un cognome pesante, che per la propria attività politica avrebbe “lambito” ambienti borderline. Si vedrà, si capirà nelle prossime ore, nei prossimi giorni, quando ogni tassello di questo complicato puzzle andranno al loro posto, consentendo al pool antimafia di ricostruire ogni trama, nome dopo nome, piano dopo piano.
Come lei, nei giorni scorsi, sono stati ascoltati altri testimoni di vicende legate agli affari delle aste giudiziarie.
Sono centinaia le procedure immobiliari finite nel mirino degli investigatori. Una matassa che va sbrogliata perché un conto sono gli affari, altro sono i reati, le intimidazioni, le complicità che arrivano fin dentro il palazzo di giustizia. Queste ultime vanno dimostrate, una per una, attribuendo ogni fatto, ciascuna responsabilità, a delle persone, all’organizzazione che, da almeno dieci anni, imperversava al  terzo piano di piazzale de Marsico senza dare scampo agli esecutati.