Omicidio Gioia: «Vai amo, non deve rimanere nessuno»

Avellino. Ecco la chat tra i due ragazzi e i minuti prima dell'omicidio

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Avellino.  

L'ultimo ostacolo al loro piano era Milli, la cagnetta di casa Gioia. Nella chat che si sono scambiati fino all'ultimo istante prima del brutale omicidio di Aldo Gioia, Elena, la figlia della vittima, e Giovanni Limata, il suo fidanzato, mettevano a punto tutti i dettagli. Lui era preoccupato che il cane, abbaiandolo alla porta, avrebbe fatto saltare il blitz a sorpresa e l'aggressione ad Aldo Gioia che doveva trovare assopito sul divano del salotto. L'abitazione all'ultimo piano di uno storico edificio lungo il centralissimo corso Vittorio Emanuele ha due ingressi. Lui, Giovanni Limata, è passato per la porta che si apre sulla cucina. Tre passi e sei nel salone. Le camere da letto sono in fondo al corridoio, dall'altra parte dell'appartamento.

Elena tranquillizza Giovanni: «Penso io a Milli», gli dice mentre riempie i quattro zaini (due grandi e due piccoli) con i quali poi, consumati tutti e tre i delitti, i due sarebbero fuggiti.

Giovanni è spavaldo. Dalle conversazioni si comprende che il piano criminale sia suo e che Elena lo abbia accettato.

Ma la ragazza ha avuto un ruolo, se si può, ancora più agghiacciante. Sua è l'idea che non solo il papà sarebbe dovuto morire sotto i colpi del coltello da caccia in possesso di Giovanni.

Lui, fino all'ultimo, le chiede conferma: «Ma anche Emilia, sei sicura?», e dall'altra parte la risposta glaciale, «Sì, amo, capisci meglio cosa intendo, mia sorella non può rimanere: non rimane nessuno» nessuno».

Gli altri dettagli sono noti. Elena scende a buttare la spazzatura. Risale insieme a Giovanni al quale lascia la porta aperta. Prende con sé Milli e se ne va nella sua camera. Giovanni entra in casa. C'è il tempo per un ultimo agghiacciante messaggio: «Sono dentro». Lei, implacabile: «Vai amo».

Aldo viene attinto dalle prime coltellate mentre si trova in dormiveglia. Un omone come lui avrebbe avuto facilmente ragione di quel vigliacco che si è introdotto in casa. Trova la forza disperata di difendersi, allunga le mani per parare le coltellate, che si susseguono, una dopo l'altra, fino a risultare quattordici ferite. I medici del pronto soccorso riferiscono di essersi trovati di fronte a uno spettacolo rabbrividente.

Aldo non muore subito. Grida come un ossesso. Chiede aiuto, scarica adrenalina. Lui, l'assassino, capisce che uccidere un uomo non è come girare una scena di un film: la realtà è un mostro senza testa, come senza testa né gambe il loro piano per vivere felici il loro amore. Bastava andare via con gli zaini, senza tutto questo sangue. Ai poliziotti che gli chiedevano chi fosse stato, poco prima di spirare, Aldo ha taciuto la verità: fino all'ultimo respiro ha risposto all'odio innaturale della figlia con l'amore di un papà.