Piazza Tienanmen e il "rivoltoso sconosciuto" che fermò i tank

Il 4 giugno del 1989 il regime cinese represse nel sangue le proteste degli studenti

piazza tienanmen e il rivoltoso sconosciuto che fermo i tank

Le fotografie fermano gli attimi, raccontano una storia immobilizzando il tempo, immortalano il senso profondo di un evento e lo rendono per sempre parte di un ricordo collettivo. 

C’è una foto che più di qualunque altra ha superato il suo valore artistico ed è entrata nell'immaginario collettivo dell’umanità. 

Un uomo solo, con la giacca in una mano e una busta nell’altra, fermo davanti ad una colonna di enormi carri armati con il viso dritto verso quei bestioni. È la foto che racconta di uno dei massacri del secolo scorso, della violenza di un potere liberticida e criminale come quello che governa la Cina e del coraggio che un singolo può trovare quando cerca la libertà. Il ragazzo che blocca i tank dell’esercito popolare cinese è rimasto anonimo e di lui non si sa nulla, neanche se sia stato giustiziato, certo è che con il suo gesto, immortalato dai fotografi di tutto il mondo, ha segnato per sempre l’immaginario collettivo e ha dato a molti la forza di non piegarsi.

Piazza Tienanmen è un buco nero nella memoria mondiale. La Cina ne vieta il ricordo e un occidente troppo spesso compiacente con il gigante economico, dimentica senza troppi problemi. Eppure quella piazza, quelle proteste e quel massacro ci raccontano molto della nostra natura. 

Era il 1989, un anno particolare, e gli studenti cinesi iniziano a mostrare chiari segni di intolleranza ad un potere cupo, che chiudeva ogni possibilità di pensiero e ogni libertà. 

Il 15 aprile, con la morte di Hu Yaobang, segretario generale del Partito Comunista Cinese, gli studenti iniziano a scendere in piazza. Il 22 occuparono piazza Tienanmen chiedendo un incontro con il segretario del PCC, Li Peng, senza ottenere nulla, anzi i mezzi di informazione del regime distorcono le loro richieste e la loro protesta. 

Gli studenti, sui loro giornali, nelle manifestazioni, nei dibattiti in piazza, iniziano a costruire un sogno di una Cina diversa. Lo scrivono, ne discutono, lo immaginano tutti insieme un Paese libero, con un multipartitismo, pronto a vivere finalmente la modernità. La loro forza cresce, il mondo li vede e loro sono pronti a dimostrare che contro la dittatura si può vincere anche con la non violenza.

Ma quei ragazzi stavano andando incontro alla morte, alla persecuzione e alla delusione di vedere infrante e affogate nel sangue le loro speranze.

La notte del 19 maggio il regime decide di promulgare la legge marziale. Viene inviato l’esercito a Pechino e la notte tra il 3 e il 4 giugno in piazza Tienanmen fu un massacro. L’esercito popolare cinese con i tank sgomberò i manifestanti, le cifre sono ancora oggi sconosciute ma i morti non furono meno di 2.600 e i feriti superarono i 30mila. Da quel momento il 4 giugno in Cina è stato cancellato, la memoria è stata offuscata, anche solo parlare di quelle vicende può costare l’arresto. Per riferirsi a quelle giornate i cinesi hanno trovato diversi stratagemmi per non essere colpiti dalla censura. Il 4 giugno non esiste più in Cina è diventato 35 maggio come lo definisce lo scrittore Yu Hua.

Di piazza Tienanmen resiste, a fatica, il ricordo. Resiste l’immagine potente e rivoluzionaria di quel “Rivoltoso sconosciuto”, di quel ragazzo convinto di poter cambiare il mondo, che con la giacca in mano ferma una fila di carri armati mastodontici, li rincorre, sale su uno di essi e parla con il carrista. Resiste l’idea che quei tank che sembrano inarrestabili sono guidati da umani, con i loro dubbi e con la loro umanità che li fa fermare davanti al coraggio e alla disperazione di un uomo che vuole la pace. 

Era il 1989 l’anno che segna la fine del blocco sovietico, l’anno della caduta del muro di Berlino, dell’Europa che si riunisce ancora una volta. Tutti quei processi politici e tutte quelle battaglie di libertà nascono da quelle proteste cinesi, dalla speranza di piazza Tienanmen, dal sangue degli studenti con cui il regime cinese allagò le strade, dal coraggio contagioso di quel ragazzo solo che ferma le armi, da quella fotografia. 

Oggi anche in occidente ricordare quel coraggio è diventato difficile, perché quel regime è alleato, è complice, è parte integrante il sistema economico globale, anzi lo domina. Con gli occhi chiusi in questi anni le democrazie occidentali hanno stracciato quella foto, hanno ignorato quel grido eterno degli studenti di piazza Tienanmen che chiedevano libertà, hanno dimenticato la potenza di quella protesta. Una potenza che a distanza di 31 anni fa ancora paura e non solo alla Cina.