Mallory Tamika: Abbiamo imparato la violenza da voi!

Gli Usa e il razzismo: dalla premiazione dei 200m di Mexico 68 al movimento Black Lives Matter,

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Il 16 ottobre del 1968 è una data che entrata nella storia civile dell’umanità. Nello stadio Olimpico di Città del Messico con un gesto forte, immaginifico e potente, tre atleti diedero un senso alle olimpiadi ma anche allo sport in generale, riscoprendo il valore educativo e comunicativo delle competizioni sportivi. 

La finale dei 200 metri delle Olimpiadi di Mexico 68 la vince lo statunitense nero Tommy Smith, detto “Tommy the Jet”, che scende sotto i 20 secondi ed è la prima volta per un essere umano, al secondo posto si piazza l’australiano Peter Norman e al terzo posto John Carlos anch’egli statunitense nero.   

Il 1968 è un anno di fermento, di conflitto, è l’anno in cui i giovani in tutto il mondo iniziano a prendere coscienza della loro esistenza sociale. Quei ragazzi che devono salire sul podio non sono indifferenti a ciò che li circonda, anzi lo vivono, lo respirano ne fanno parte. Negli states il conflitto assume, come sempre, i connotati razziali per una questione mai risolta che alla base stessa di quella nazione. 

Il 4 aprile di quello stesso anno era stato assassinato Martin Luther King. In America nasce un vero e proprio fermento culturale, politico e popolare attorno al sogno del “Black Power”. 

Il mondo intero è in fermento e sono i giovani ovunque a scatenare nelle piazza la loro voglia di trasformazione. Proprio in Messico, proprio a pochi passi da quello stadio, il 2 ottobre 1968, quindi 14 giorni prima di quella finale una manifestazione di studenti viene repressa nel sangue e passerà alla storia come il “massacro di Tlatelolco”. La polizia che spara sui manifestanti e lascia a terra circa 300 morti. 

In questo contesto storico, culturale e politico quei ragazzi salirono su quel podio come parte della loro generazione, della loro cultura, dei loro tempi. Salirono su quel podio senza volerlo sprecare e ne fecero un simbolo che ancora oggi resiste.
Erano scalzi per rappresentare la povertà degli afroamericani, Carlos sbottonò la tuta a rappresentare i lavoratori e mise una collana di perle per ricordare le pietre dei linciaggi di tutti i neri d’America. 

Tommy Smith invece indossò una sciarpa nera e ricordò di portare i guanti che il compagno di squadra aveva dimenticato e che diventeranno il vero simbolo di quela premiazione. 

Anche Nolan, l’australiano bianco, partecipò alla protesta mettendosi una coccarda del movimento Olympic Project for Human Rights. 

Poi i due americani indossarono un guanto nero a testa e quando suonò l’inno della loro nazione abbassarono il capo e alzarono il pugno chiuso. Il fotografo John Dominis riuscì ad immortalarli e quella foto divenne da subito un simbolo del '900 capace di emozionare e di squarciare quel velo di ipocrisia, di silenzio che copriva il razzismo americano.

Oggi che in America brucia nuovamente la questione razziale è giusto ricordare quella simbolica premiazione delle olimpiadi di Mexico 68 con le parole di chi ha deciso di ritornare nelle strade dopo le inaccettabili violenze della polizia sulla comunità nera americana. Per questo rileggere il discorso di Mallory Tamika, attivista di Black Lives Matter, significa dare continuità ad una lotta che deve ancora essere vinta. 

I palazzi non stanno bruciando per George Floyd. I palazzi stanno bruciando perché le persone qui in Minnesota stanno dicendo alle persone a New York, in California, alle persone di Memphis, alle persone in tutta nazione: “BASTA. QUANDO È TROPPO, È TROPPO”. 
Noi siamo responsabili della sofferenza mentale che è stata inflitta alla nostra gente dal governo americano, dalle istituzioni e dalle altre persone che son in posizioni di potere. Non mi interessa se bruciano dei negozi, perché quei marchi dovrebbero essere in strada con noi a chiedere la giustizia che spetta alla nostra gente. 
Dov’era Autozone quando Philando Castile fu ucciso in una loro automobile? Dove? 
Quindi, se non vieni in difesa delle persone, poi non sfidarle quando i giovani si sentono frustrati, istigati dalle persone che pagate, che state pagando per istigare, per stare tra la nostra gente, scagliando pietro, rompendo finestre e bruciando palazzi. 
I giovani rispondo a questo, sono arrabbiati. C’è un modo semplicissimo per fermarli: ARRESTARE I POLIZIOTTI, incriminare tutti i poliziotti, non solo alcuni di loro, non solo qui a Minneapolis. Incriminateli in ogni città, in ogni parte d’America dove la gente viene uccisa. Denunciateli ovunque. Questo è il punto. Incriminate i poliziotti, fate il vostro lavoro, fate ciò su cui dite che questa nazione dovrebbe essere fondata. La terra della libertà per tutti, non è libera per i neri.
Noi siamo stanchi, non parlateci di saccheggi, siete voi i saccheggiatori, l’America ha saccheggiato i neri, l’America ha saccheggiato i nativi americani da quando sono arrivati su questa terra, quindi abbiamo imparato da voi. ABBIAMO IMPARATO LA VIOLENZA DA VOI!
Quindi se sperate che ci comportiamo meglio di voi, allora, dannazione, iniziatevi a comportare meglio anche voi!