La grande corsa delle candidature: tra mezze figure e aspiranti martiri

Dalle tre carte di Martusciello, all'eterna "vorrei ma non posso" Mara Carfagna

la grande corsa delle candidature tra mezze figure e aspiranti martiri

La commedia procede, dunque, inesorabile verso il finale che ancora manca, avvolta in un clima sospeso tra assurdo e paradosso, tra ambizioni represse e disponibilità recitate con impeccabile teatralità.

La tragicomica epopea delle candidature campane: chi offre di più? Non si era mai vista una commedia così avvincente e surreale come quella che il centrodestra campano sta mettendo in scena per scegliere il candidato alle prossime elezioni regionali. Un'opera che farebbe impallidire persino Aristofane, in cui i protagonisti si muovono con un misto irresistibile di ambizione e timore, intrappolati tra il desiderio di protagonismo e il terrore di una sconfitta annunciata.

Fulvio Martusciello, l’uomo che sa tutto e dice veramente poco, ha trasformato la politica in una versione tragicomica del gioco delle tre carte. Annuncia che i nomi ci sono, ma li tiene ben nascosti, rivelandone solo due: Antonio D’Amato e Matteo Piantedosi. Due figure civiche, talmente civiche che per convincerli sarebbe forse necessario promettere una statua equestre in piazza del Plebiscito. Il terzo nome rimane nascosto, custodito gelosamente come il Santo Graal politico, lasciando tutti in trepidante attesa. Qualcuno sospetta addirittura che questo terzo candidato potrebbe essere lo stesso Martusciello travestito da civico, in un atto supremo di autoironia politica.

E poi c'è Mara Carfagna, eterna dama del "vorrei ma non posso", che si aggira per incontri e tavole rotonde dichiarando con tono solenne di essere pronta a sacrificarsi, sì, ma solo se proprio tutti glielo chiederanno in ginocchio, possibilmente accompagnati da violini e petali di rosa. La sua disponibilità condizionata assomiglia pericolosamente al "non invitatemi, ma se proprio insistete…" tipico degli ospiti più desiderati ai matrimoni.

Edmondo Cirielli, l'uomo forte di Fratelli d’Italia, nel frattempo, osserva in silenzio, pronto ad essere incoronato o sacrificato secondo necessità, aspettando con stoica pazienza. È lui il candidato naturale, come naturale è il Vesuvio per Napoli: sempre lì, sempre presente, sempre pronto a esplodere al momento opportuno.

Intanto, il ministro Piantedosi, che da buon tecnico preferisce la certezza del Ministero alle incertezze delle urne, ricorda con elegante cattiveria che l'Irpinia è ricca d'acqua ma povera di impianti funzionanti. L’uomo della legge si tira fuori dalla corsa, ma non rinuncia al piacere sadico di ricordare a tutti che governare la Campania potrebbe essere un’impresa più ardua che gestire l’immigrazione o affrontare emergenze di sicurezza nazionale.

 Ma attenzione: il pubblico, cioè i cittadini campani, è ormai allenato a ogni tipo di sorpresa e disincanto. Il rischio più grande è che, una volta conclusa la pièce, nessuno si presenti all'applauso finale. Del resto, quando il sipario cala sulla politica campana, spesso rimane solo un silenzio imbarazzato, interrotto qua e là da qualche risata amara.