Ci sono regioni in cui le campagne elettorali si vincono, e regioni — come la Campania — in cui si sopravvive. Qui i voti non si contano: si sedimentano. Sono le stesse famiglie, gli stessi clan amministrativi, gli stessi apparati che, da un’elezione all’altra, cambiano casacca con l’agilità dei trasformisti ottocenteschi.
Eppure, dietro la solita maschera dell’immobilismo, le statistiche sussurrano qualcosa di nuovo. Non una rivoluzione, ma un ronzio, una vibrazione da laboratorio politico. I dati più recenti, quelli che derivano dalle elezioni europee e dai modelli di tendenza per le regionali 2025, disegnano una Campania ancora inclinata verso il centrosinistra, ma con un centrodestra più compatto e meno rassegnato.
Nelle simulazioni ponderate per popolazione e affluenza, il blocco progressista viaggia intorno al 54%, mentre quello conservatore oscilla tra 45 e 46%, con un margine di errore che lascia aperto un piccolo spiraglio — ma non un portone.
I protagonisti: l’uomo delle istituzioni e l’ex presidente della Camera
Edmondo Cirielli, generale dei Carabinieri in congedo, viceministro degli Esteri nel governo Meloni, ex presidente della Provincia di Salerno, rappresenta la destra più istituzionale: quella che non urla, ma annota. Non è un populista, non è un incendiario. È un uomo di gerarchia, di dossier e di verbali. Questo lo rende credibile presso l’elettorato moderato, ma forse meno magnetico nei quartieri dove il voto si conquista con l’empatia e non con il curriculum.
Dall’altra parte, Roberto Fico, ex presidente della Camera, volto storico del Movimento 5 Stelle, ha il vantaggio dell’aria di casa. A Napoli lo salutano come si saluta un vicino colto, non come un politico. È un candidato che parla di “trasparenza” e “partecipazione” con l’intonazione calma di chi sa che la rabbia, qui, non serve più.
La sua forza è la notorietà urbana; la sua debolezza, la diffidenza provinciale.
La geografia del voto (e del disincanto)
Il quadro territoriale racconta meglio di mille sondaggi la frammentazione del consenso: Napoli (3 milioni di abitanti): Fico parte da una posizione quasi imperiale, attorno al 55-60%. Cirielli paga la scarsa penetrazione nei quartieri popolari e l’assenza di un’alleanza civica forte. Salerno (1,1 milioni): terra di frontiera. Lì De Luca è ancora un marchio, ma Cirielli è “uno di casa”. Le proiezioni realiste oscillano tra 51% centrosinistra e 49% centrodestra, una differenza che in politica vale meno di un acquazzone estivo. Caserta (900 mila): provincia ballerina, dove la memoria elettorale è corta e il voto è liquido. Qui il bilancio è in parità, e l’astensione potrebbe pesare come una lista fantasma. Avellino (400 mila): l’Irpinia conferma la sua inclinazione progressista, con un vantaggio lieve del centrosinistra (51-53%), ma con sacche di voto personale pronte a cambiare idea all’ultimo. Benevento (280 mila): il regno di Mastella, dove il centrodestra sembra avanti di un paio di punti (51-49), salvo che il sindaco decida di spostare, con una sola intervista, l’ago della bilancia. Nel complesso, il baricentro politico della regione resta spostato verso Napoli e Salerno, dove si concentra il 60% dell’elettorato. E qui la coalizione progressista mantiene la supremazia.
L’astensione, il vero candidato
Nessuno lo dice, ma il vero avversario di entrambi è l’astensionismo, che in Campania vale più di qualsiasi partito.
Nel 2020 votò appena il 55% degli aventi diritto; le simulazioni attuali parlano di una possibile discesa sotto il 50%.
Ogni punto in meno di affluenza toglie circa 20 mila voti reali alla competizione, e altera l’equilibrio più di qualsiasi endorsement.
E paradossalmente, un turnout alto favorisce Cirielli (elettorato più motivato, più disciplinato), mentre un turnout basso favorisce Fico, che può contare su una rete civica urbana più organizzata.Insom ma, più gente va a votare, più la destra può sperare. Più la gente resta a casa, più la sinistra può dormire tranquilla. È la strana legge campana della democrazia intermittente.
I temi in gioco: sanità, infrastrutture e sopravvivenza morale
Dietro le percentuali ci sono le vere domande. Per quanto riguarda la Sanità, la Regione resta sotto pressione, tra ospedali in crisi e liste d’attesa che fanno curriculum a parte. Le Infrastrutture arrancano: da anni si promette una Campania “collegata” ma le ferrovie interne restano da romanzo neorealista. C'è l'ever green: Rifiuti e bonifiche, argomento eterno, che nessuno vince ma tutti cavalcano. Infine ma non ultima: la Disoccupazione giovanile, la più alta d’Italia, ma anche la più raccontata come “opportunità”.
Fico parlerà di trasparenza e diritti, Cirielli di efficienza e legalità. Il primo mira alle coscienze, il secondo alle procedure.
Il risultato, però, potrebbe dipendere da qualcosa di più semplice: chi riuscirà a convincere gli elettori che non è tutto già deciso. La Campania entra in campagna elettorale senza entusiasmo ma con curiosità, come chi guarda una serie di cui conosce già il finale ma spera sempre in un colpo di scena.
Cirielli e Fico incarnano due modi opposti di intendere il potere: l’uno verticale, l’altro orizzontale. Tra loro, un popolo che alterna indignazione e rassegnazione, come un pendolo politico che non smette di oscillare — anche quando sembra fermo.
