Era facile fare politica quando c’erano chiare visioni della società che si confrontavano. Prima si aveva una visione e, poi, ci si impegnava per attrarre aderenti. La visione era un modello di società, che lasciava intravedere il tipo di organizzazione e la natura dei rapporti tra i vari gruppi sociali. Le parole socialista, comunista, liberale e democristiano indicavano visioni diverse e le organizzazioni (partiti) che le sostenevano.
I Partiti, con le sezioni, i convegni ed i giornali, svolgevano propaganda e selezionavano personale politico. Le condizioni economiche e sociali erano facilmente comprensibili e ogni partito si preoccupava di preparare attivisti capaci di attrarre consensi. Nella società, era facile individuare i gruppi da difendere e quelli da contrastare. Il rapporto tra i padroni dei mezzi economici e i lavoratori, era l’argomento politico più importante. L’impegno faceva acquisire concetti e competenze tali da essere qualificato politico. I problemi relativi all’organizzazione della società, all’ambiente, al clima sociale, ecc, richiedevano impegno e preparazione per poterli affrontare. Diventava naturale la selezione della classe politica.
Purtroppo, con il ’68 iniziò un processo che ha provocato l’essiccamento della cultura politica e l’espansione dei poteri economici nella società. Con l’inizio della globalizzazione (anni ’80 del secolo scorso), i confini tra gli Stati incominciavano ad essere attraversati più dalle merci che dagli eserciti e dalle missioni politiche. Alcuni partiti, invece di cercare di capire i cambiamenti in atto per poterli gestire, sostituirono le ideologie con il populismo. Ciò trasformò i dirigenti politici da apostoli delle progettualità in accusatori generici degli avversari.
Con la fine dei blocchi contrapposti e con la difficile individuazione degli esecutori del fordismo, si ridusse anche la dialettica e l’esigenza di preparare una classe dirigente adeguata. Con la trasformazione della solidarietà tra i lavoratori in individualismo, con il confondere il liberismo con il pensiero liberale e la socialdemocrazia con l’inquinamento del socialismo, la politica è stata trasformata in improvvisazione e in accordi di potere. Il compromesso storico, matrimonio tra DC e PCI, uccise la politica, mentre il campo sociale veniva occupato da gruppi di persone, in nome di interessi particolari o territoriali, non capendo che i problemi particolari sono figli di quelli generali, che richiedono impegno e conoscenze.
La conseguenza fu la nascita della Lega, dei 5S (creati da un comico) e di altri gruppi. I poteri forti favorirono queste trasformazioni e le utilizzarono per dominare la politica. Non più confronto tra diverse visioni, ma contrasti tra poteri. Niente programmazione economica nazionale e niente politica estera. Nel consiglio europeo, i rappresentanti italiani, che non hanno omologhi, non sanno dove sedersi. I settori bancario, assicurativo e finanziario, che producono utili stratosferici hanno attratto investimenti a scapito di quello industriale. Il potere dei lavoratori è quasi scomparso e le loro condizioni sono evanescenti. Negli ultimi mesi, finalmente, si stanno svegliando politici della prima Repubblica, rispetto ai quali, i tipi come Salvini, Conte e compagni fanno la figura degli ignoranti. Speriamo che il loro impegno continui e facciano rinascere la vera politica e una nuova classe dirigente.
