Il terzo mandato sì, il terzo mandato no: eccoci al teatrino estivo di Matteo Salvini, che ha una concezione della democrazia elastica, quasi come il girovita dopo la sagra della porchetta di Ariccia. Salvini rassicura che citare Hitler o Mussolini nel 2025 sarebbe sbagliato e curioso. E in effetti, lui di curiosità democratiche se ne intende parecchio, considerando che la sua visione della volontà popolare si adatta come la celebre felpa padana: larga, comoda, ma prontamente reversibile.
Il capitano della Lega vuole approvare rapidamente la legge sul terzo mandato, purché sia «volontà politica», che a quanto pare vale come quella popolare, purché non lo smentisca. Il sondaggio Youtrend parla chiaro: la maggioranza degli italiani vuole mantenere il limite a due mandati, ma Salvini non si ferma davanti a questi dettagli trascurabili come la volontà popolare. D’altronde, cos’è un sondaggio in confronto alla sacra «volontà politica», soprattutto se la politica è quella del Carroccio?
Così, mentre Tajani suggerisce cautela ricordando gli esempi poco edificanti di certe democrazie del passato, Salvini galoppa spedito verso la sua personale «democrazia alla carta»: oggi il popolo conta, domani magari un po' meno, dipende dal menù del giorno e dalle esigenze del Veneto che, per carità, bisogna rispettare "correndo e lavorando". D’altronde, se bisogna correre, chi meglio di Salvini, abituato a cambiare rapidamente posizioni?
E tra una "pace fiscale", un taglio Irpef e una flat tax con soglie variabili come il livello di entusiasmo per Putin, eccolo opporsi nuovamente al piano europeo sul riarmo. Non perché non gli piaccia la guerra—per quella ai migranti è sempre prontissimo—ma perché, in fondo, il debito europeo è utile solo quando serve a finanziare qualche altra emergenza populista del momento.
Attendiamo dunque Calderoli, incaricato ufficialmente dalla Lega di studiare la situazione del terzo mandato. E chissà che dal suo cilindro federalista non sbuchi fuori un decreto last-minute, magari proprio nella notte di Ferragosto, tra una salsiccia e l’altra. In fondo, nella Lega, le decisioni più democratiche sono sempre quelle prese sotto la pressione di un barbecue estivo.