Fuori dal coroil commento di Enzo Spiezia

Non ne possiamo più, ne abbiamo le scatole piene

Abbiamo bisogno di autorevolezza, ci danno improvvisazione

non ne possiamo piu ne abbiamo le scatole piene

Forse sarà l'età che avanza e si accompagna ad una dose di intolleranza che mi preoccupa. O forse no, boh. Nel frattempo, mentre mi tormento al pensiero di cosa mi stia succedendo, posso approfittarne per lanciare un grido liberatorio, qualcosa del tipo non ne possiamo più, ne abbiamo le scatole piene? Probabile che qualcuno si stia chiedendo se sia opportuno esprimersi così alla vigilia delle feste natalizie, ma cosa volete che mi importi il bla bla bla retorico e carico di ipocrisia che vorrebbe incasellarci negli schemi di sempre, in quella immagine oleografica del siamo tutti più buoni in questo periodo e non dobbiamo dirle certe cose.

Non so se stia capitando anche ad altri, ma io mi sento molto confuso. A dir poco disorientato, come una navicella in balia delle onde di un mare tempestoso. Avremmo bisogno di discorsi chiari e invece dobbiamo fare i conti con una improvvisazione senza precedenti. Ci servirebbe autorevolezza – la cancelliera tedesca Angela Merkel va bene come esempio? -, ci propinano approssimazione, pavidità, incapacità di assumersi la più banale delle responsabilità. Meglio ancora: provano a decidere, ma non sono in grado di farlo.

Aggiungono a quelle già vigenti altre regole e altre raccomandazioni, creando un ginepraio nel quale è complicato districarsi, e permettendo, come sempre nel nostro Paese, di aggirare le norme. E' il risultato di una mediazione estenuante tra mille interessi: non quelli della gente che lavora e produce e necessita, per questo, di risposte concrete, ma dei partiti e dei loro rappresentanti, tantissimi dei quali sono impegnati solo a difendere una poltrona conquistata senza merito, se non quello di essere stati baciati dalla fortuna.

Ad aggravare il quadro complessivo, colorandole di tinte farsesche, contribuisce poi una informazione che disinforma. Da nove e passa mesi, da quando è scoppiata la pandemia, si ripete ogni giorno uguale a se stessa. Riciccia e rielabora sempre le stesse cose, prova a spacciare per interessanti le diatribe tra maggioranza ed opposizione, fa finta di accalorarsi nella ricerca di una parità tra le parti alla quale neanche un neonato può credere.

Per rendersene conto, basta un'occhiata di pochi minuti alla tv, alle trasmissioni che vengono mandate in onda, intervallando gli spot pubblicitari con il cosiddetto talk show, con un solo obiettivo: dimostrare, al di là del possibile contraddittorio e delle diverse posizioni, la fondatezza dell'assunto di partenza, illuminato dalle luci degli studi. E per chi non si allinea, arrivano le attenzioni dei manganellatori di professione. Tizio urla, Caio replica, chi conduce alza a sua volta la voce per far capire agli ospiti chi comanda. Uno spettacolo inguardabile che riempie ad ogni ora i palinsesti, ventiquattro ore su ventiquattro. Per fortuna c'è il telecomando che, a scelta, lo rende muto e invisibile.

”Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente”, affermava Mao in relazione alla rivoluzione che avrebbe scatenato in una società cinese stretta nella morsa del caos. Alzi la mano chi è convinto che la confusione attuale abbia una valenza in prospettiva positiva e non sia, dunque, solo il terreno di uno scontro tutti contro tutti.

Le chiacchiere non mancano, si straparla a più non posso e si scrivono, come in questo caso, una montagna di banalità. Ma quel grido di battaglia mi piace e lo ripeto: basta, non ne possiamo più, abbiate pietà di noi. A tutto c'è un limite, e la pazienza, se non si è già esaurita, è prossima ad esserlo.