Terremoto a mare, e nel Sannio potrebbe nascere un vulcano

Quarta scossa in pochi giorni al largo di Salerno. Uno sull'Appennino: il magma sta risalendo

Scosse di lieve entità. Altre due nella zona di Potenza. Nulla di allarmante. Ma gli esperti continuano a monitorare.

di Luciano Trapanese

C'è una attività sismica che in modo anche indiretto sta colpendo la Campania e che non suscita al momento allarme, anche se gli studiosi la stanno continuamente monitorando. E per ovvi motivi: è inutile ricordare che la nostra regione si trova in una delle zone più a rischio per i movimenti tellurici. Sia per la presenza di numerosi vulcani, sia per la faglia in movimento che riguarda gran parte del nostro Appennino.

L'ultimo evento sismico risale a questa mattina. Tra la Campania e il golfo di Policastro, al largo di Diamante. Una scossa di magnitudo 2,7. E come riporta il grafico dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, l'epicentro è stato individuato a mare, a una profondità di 209 chilometri.

Si tratta di un movimento tellurico di lieve entità, e quindi non ha creato nessun tipo di danno.

Ma è il quarto evento di questo tipo in pochi giorni, sempre nella stessa area.

Il primo si è verificato il 30 dicembre, alle 15,23, a poche decine di chilometri dall'ultimo, ma a una profondità di soli 11 chilometri. Di magnitudo 2.

Il secondo il sette gennaio. Alle 15,21. Stessa area, magnitudo 2, a una profondità di undici chilometri.

Il terzo due giorni dopo, una decina di chilometri più a sud. Magnitudo 2,4, a una profondità notevole: 230 chilometri. Erano le 15,54. Quasi sempre alla stessa ora. Il quarto – come detto – questa mattina.

Non si tratta è chiaro di uno sciame sismico. E questo tipo di attività tellurica al largo delle coste tirreniche non è del tutto inconsueta.

Sempre in quei giorni, tra l'otto e il sedici gennaio, due scosse sono state segnalate a Potenza e Muro Lucano, entrambe di poco superiori alla magnitudo due e a una profondità non elevata. Sempre in quei giorni, il sette gennaio, una scossa è stata invece avvertita a Pietrelcina (magnitudo 2,3): la stessa dorsale appenninica.

Ci sono poi molti studi che hanno analizzato la sequenza sismica che riguarda il Sannio – Matese e che è iniziata il 29 dicembre del 2013, con una scossa di magnitudo 5 a una profondità di 22 chilometri. Il movimento tellurico, riportato in uno studio pubblicato da Science Avances, è stato riassunto sul sito di Ingv dagli stessi autori, Francesca di Luccio e Guido Ventura.

Quella sequenza sismica avrebbe delle caratteristiche atipiche rispetto ai segnali che di solito vengono registrati nell'Appennino. Prima di tutto la profondità: ben oltre i dieci chilometri (in genere sono più superficiali). Poi le basse frequenze nei sismogrammi, che sono invece caratteristici nelle aree vulcaniche. Inoltre le scosse successive a quella iniziale si sono spostate in zone generalmente prive di terremoti.

Questi elementi, insieme ad altri, hanno lasciato ipotizzare una intrusione di magma (roccia fusa), alla base della crosta dell'Appennino meridionale, proprio sotto il massiccio del Matese. Oltretutto – hanno aggiunto gli studiosi - «questa presenza di fluidi magmatici di origine profonda sotto l'Appennino meridionale era già stata ipotizzata diciotto anni fa».

Ma gli esperti escludono che si stia formando velocemente un vulcano sotterraneo in quella zona del Sannio. «Non c'è sismicità superficiale, non ci sono quelle manifestazioni idrotermali tipiche invece dei Campi Flegrei, non ci sono deformazioni significative del suolo, non ci sono cambi morfologici dovuti a sollevamenti repentini e segnali riconducibili alla continua alimentazione di magmi anche in profondità».

Certo, su tempi geologici (decine di migliaia di anni), è comunque possibile che una attività vulcanica si sviluppi in quest'area.

Resta il fatto che «per la prima volta sono stati registrati in una catena montuosa i segnali di una risalita, alla base della crosta, di fluidi profondi possibilmente associati al magma».

Al di là di questi studi, comunque, il Sannio – Matese continua a rientrare nella zona a più elevata pericolosità sismica d'Italia. Sono tanti i terremoti storici (con una energia mille volte superiore a quello del 2013). Tra questo quello del 5 giugno 1688 (7,6) e del 1456 (magnitudo 7,19).

Si è invece fermato lo sciame sismico che per qualche anno ha interessato la zona dell'Alta Irpinia (altra zone a grande rischio). Al momento non si registrano movimenti tellurici particolari in quell'area (si sono registrate due scosse negli ultimi giorni nella zona di Potenza e Muro Lucano). Ma l'area è comunque – com'è logico – costantemente monitorata.