Sgominata piazza di spaccio in carcere: droga e telefonini anche con i droni

Blitz della Dda: 53 indagati, c'è anche un avvocato e Annamaria Vacchiano

Salerno.  

Una vera e propria piazza di spaccio, con droga e telefonini introdotti abusivamente in carcere. Sono 53 le persone destinatarie di una misura cautelare disposta dal gip del tribunale di Salerno: 19 già detenute, 18 quelle condotte in cella, 8 ai domiciliari, 7 obblighi di dimora e un avvocato per il quale è scattata l'interdizione dalla professione.

Oltre che durante i colloqui, la droga e i telefoni cellulari entravano a Fuorni con dei "lanci" nel campo sportivo, dove poi cocaina e hashish venivano recuperati dai detenuti. Per gli inquirenti non sarebbero mancate consegne anche con l'ausilio dei droni. 

La lotta per l'egemonia tra salernitani e napoletani

Un sistema rodato, grazie al quale i due gruppi egemoni del carcere - quello degli ebolitani e quello dei napoletani - riuscivano a controllare la piazza di spaccio dentro e fuori le sbarre. Arrivando anche a siglare una sorta di "tregua" per contrastare l'azione dello Stato.

Colloqui, spedizioni e droni: così a Fuorni entrava di tutto

I fatti contestati fanno riferimento al periodo 2020-2022: a Fuorni sarebbero entrati abusivamente smartphone, mini-cellulari, caricabatterie, sim, cavi e droghe come cocaina, hashish e marijuana. Il tutto, poi, sarebbe stato rivenduto, all'interno del carcere, a prezzi maggiorati, anche del doppio del valore che la merce avrebbe avuto sul mercato.

Il tarifarrio: costi maggiorati anche del 100% e intimidazioni

La merce veniva pagata attraverso ricariche postepay, quasi sempre a cura di mogli o fidanzate dei reclusi. E per chi non si piegava alla logica, scattavano le ritorsioni. Il procuratore capo Giuseppe Borrelli ha ipotizzato vere e proprie "spedizioni punitive all'interno del carcere, nei confronti di soggetti detenuti che, per esempio, si rifiutavano di consentire l'utilizzo dei pacchi che gli stavano per arrivare come mezzo per l'introduzione di sostanze stupefacenti".

Gli inquirenti (l'inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto Luigi Alberto Cannavale e dal pm Alessandro Di Vico) ritengono che vi siano stati atti intimidatori nei confronti di detenuti che erano in via di trasferimento per evitare che questi, una volta andati via, potessero riferire cio' che sarebbe avvenuto nel carcere di Fuorni. Oppure, nei confronti di detenuti che stavano per cambiare reparto. Non si esclude che altre intimidazioni siano scattate nei confronti degli agenti della penitenziaria in servizio.

La tentata corruzione alla penitenziaria

"Risulta contestata - come spiegato da Borrelli in conferenza stampa - una istigazione alla corruzione nei confronti di un appartenente alla polizia penitenziaria, prontamente denunciata dall'agente".