Aste ok, la testimone in aula: "Modestino Forte portò una pistola all'incontro"

Avelino, prosegue il dibattimento per ricostruire il giro di affari intorno alle aste giudiziarie

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Avellino.  

Una nuova udienza questa mattina per il processo nato dall'inchiesta "Aste ok" del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino e il Nucleo Pef delle Fiamme Gialle di Napoli che hanno indagato su questo nuovo filone di illeciti che vede protagonista il Clan Partenio.

Prosegue la fase istruttoria del processo, con l’escussione delle presunte vittime delle estorsioni e delle turbative d’asta.

Ascoltata anche l’imprenditrice A.D.U., la quale, ribadendo quanto dichiarato in fase d’indagine, ha confermato le accuse a carico di Livia e Modestino Forte, Armando Aprile ed Emanuele Barbati. Evidenziata, inoltre, la circostanza di una pistola portata da Modestino Forte mai rivelata prima di oggi. La donna, infatti, alla domanda del pm in cui le viene chiesto come fosse vestito Forte risponde aggiungendo: "Ho visto la fondina che conteneva una pistola".

Poi è stato il turno di E. G., il grande assente alle ultime udienze, il quale oggi in aula ha riferito di un immobile all’asta a San Mango sul Calore al quale lui e la sua società erano interessati. “Abbiamo depositato l’offerta, pari al 10% dell’importo stabilito per poter partecipare all’asta, pari a 8mila euro, e poi abbiamo presentato un’offerta di 75mila euro. Prima dell’udienza venne Armando Aprile a visionare l’immobile, disse che era interessato all’acquisto. Mi disse che se noi fossimo stati più interessati avremmo dovuto fargli un regalo, senza quantificare la somma da dare, affinché lui non partecipasse all’asta. Noi non abbiamo ceduto a nessun ricatto. Poi trovammo un numero di telefono nella cassetta postale con scritto “contattateci”, era quello di Armando Aprile. Alla fine, dopo circa undici rilanci, siamo riusciti ad aggiudicarci il bene. Quel giorno Armando Aprile non era presente”.

L’indagine, ricordiamo, ha portato all'incriminazione di 22 persone con l’accusa, a vario titolo, di associazione finalizzata alla turbativa delle aste fallimentari presso il Tribunale di Avellino, alla tentata estorsione e all’intestazione fittizia di beni.

Tra questi, anche Pasquale Galdieri, detto O' milord, suo fratello Nicola e Damiano Genovese, accusati di aver alterato l'esito delle aste giudiziarie del Tribunale, alle volte sia promettendo alle vittime di rientrare in possesso del proprio immobile in cambio di un corrispettivo in denaro, sia minacciando gli interessati ai beni di far andare deserte le procedure. 

A capo del giro d’affari i cosiddetti componenti del gruppo "Tre tre": Armando Aprile e i fratelli Livia e Modestino Forte, molto conosciuti in città. Erano loro che, attraverso le società delle quali erano titolari, riciclavano poi il denaro ricavato dalle estorsioni. Un sistema perfetto, che andava avanti da più di dieci anni, e che proprio dopo l’interessamento dei fratelli Galdieri ha iniziato a perdere colpi. I modi violenti e brutali del clan di Capocastello, che nel frattempo aveva stretto l'alleanza con i Tre Tre, non piacevano agli ideatori, come non gli piaceva quel 33% dell’introito che i Galdieri pretendevano se a portare i clienti fossero stati proprio loro. E poi il blitz, che improvvisamente ha interrotto il sistema.

Nel corso della prossima udienza, fissata in data 20 maggio saranno ascoltati altri cinque testimoni che parteciparono a tre procedure d' asta.