Uniamoci per l'acqua: "Bene le parole dei sindaci, ma serve coerenza"

Il comitato: "Un attivismo improvviso che profuma troppo di campagna elettorale regionale"

uniamoci per l acqua bene le parole dei sindaci ma serve coerenza

Il monito del comitato Uniamoci per l'acqua...

Grottaminarda.  

"Bene che finalmente un gruppo di sindaci chieda trasparenza e confronto.  Era ora. Ma occorre chiarezza anche su possono fare davvero e cosa no". 

Il monito arriva dal comitato Uniamoci per l'acqua. 

"L'assemblea dei soci di Alto Calore non ha il potere di decidere o bloccare le tariffe. Le tariffe vengono predisposte dall'ente idrico campano, secondo il metodo arera e solo dopo applicate dal gestore. 

L’assemblea può e deve chiedere revoche, rinvii, nuove proposte, ma il potere legale di fissare le tariffe resta all’Eic.

Quindi lo "stop agli aumenti" non può essere deliberato a Grottaminarda, Montefredane o Avellino: deve passare per decisione formale dell'Eic co copertura economica della Regione. Altrimenti diventa uno slogan pre-elettorale destinato a sciogliersi come neve al sole. Sul merito, le richieste di questi sindaci appaiono in parte giuste ma tardive. 

Chiedono ora un piano industriale e delle linee di mandato, ma la società è commissariata da mesi, con un concordato da 150 milioni di debiti e reti al 70% di dispersione. Parlano di “confronto”, ma finora hanno taciuto davanti ai distacchi notturbi e ai disservizi che colpiscono ogni giorno migliaia di famiglie. Chiedono “partecipazione”, ma in un anno di crisi idrica non hanno mai preteso dati pubblici sui cantieri, sulle perdite o sulle sorgenti.

Insomma, bene le parole, ma serve coerenza. Se vogliono davvero “trasparenza”, allora pretendano che l’Eic pubblichi il piano industriale 2025-2029, con obiettivi verificabili (perdite, investimenti, portate recuperate, ore di erogazione), e che la Regione dichiari se intende finanziare o no la “sterilizzazione” degli aumenti".

E soprattutto chiariscano una volta per tutte - conclude il comitato - se vogliono una gestione pubblica dell'acqua, controllata dai Comuni e dai cittadini, o se si apprestano a spianare la strada alla privatizzazione. 

Senza questi atti concreti, il rischio è che questo “attivismo improvviso” profumi troppo di campagna elettorale regionale. E l'acqua, lo diciamo da tempo, non è nè un bene di mercato e nè una passerella da campagna elettorale.