Montesarchio. Le incompiute di una cittadina mai caduta così in basso

Sprechi milionari e scandali dimenticati: dal centro sportivo all'immaginifico tunnel nel castello

montesarchio le incompiute di una cittadina mai caduta cosi in basso

Sono circa otto anni che quella struttura è lì, finita e abbandonata. Sembra di trovarsi sul set di un film, ma è tutta realtà, una realtà orribile e inspiegabile.

Montesarchio.  

di Roberto Paolo
(Quotidiano Roma)

Il viandante che avesse il coraggio di avventurarsi sul tratturo polveroso, tra fossi e rovi spinosi, che lascia la Statale Appia in località Tre Ponti, tra il Comune di Montesarchio e la frazione di Tufara, proprio prima degli imponenti archi della ferrovia Benevento-Napoli, ai piedi della ripida salita nota come “Sferracavallo”, fatto un centinaio di metri si troverebbe di fronte uno spettacolo surreale. Nel bel mezzo del niente, in un catino di polvere e sassi dove un tempo c'erano alcune cave, abbandonate da decenni, si erge un bellissimo palazzetto dello sport, con un parcheggio asfaltato, di fronte due campi di calcetto protetti da alte inferriate e a ovest un campo di calcio regolamentare con prato in erba sintetica, con tanto di strisce bianche e alti tralicci con l'illuminazione per le partite in notturna.

All'interno del palasport, splendide arcate in lamellare di abete coprono tutta la superficie dell'impianto disegnando eleganti curve. Ci sono un campo di basket, palestre, una hall, spogliatoi, bagni, impianto di riscaldamento a gas e impianto di illuminazione. Tutto bello e finito. E tutto abbandonato ai danni del tempo e delle intemperie, oltre che agli sfregi di vandali e saccheggiatori. La vegetazione sta riprendendosi tutto, mangiando i campi di calcetto, bucando l'asfalto del parcheggio e i marciapiedi, e persino l'erba sintetica del campo di calcio. Il vento ha sradicato le guaine impermeabili che ricoprivano il tetto e che ora giacciono ammucchiate nell'erba alta, e la pioggia ha ridotto a una massa grigia il lamellare di legno d'abete. Porte e controsoffittature sono state sventrate, le ceramiche dei bagni divelte o distrutte, la rubinetteria è stata trafugata, così come i quadri elettrici ed i cavi di rame.

Sono circa otto anni che quella struttura è lì, finita e abbandonata. Sembra di trovarsi sul set di un film, ma è tutta realtà, una realtà orribile e inspiegabile. Quaggiù deve essere successo qualcosa di grave, anche se nessuno ne scrive e ne parla. Per capire cosa è accaduto bisogna alzare gli occhi dal desolante spettacolo della struttura sportiva devastata dall'incuria e guardare alle sue spalle, verso nord. Sullo sfondo, a un centinaio di metri, si vedono i teli neri che coprono la spazzatura portata qui negli anni dell'emergenza rifiuti in Campania, quando si decise di aprire in fretta e furia un po' di discariche in giro per la regione, per liberare le strade delle principali città, Napoli in testa, dove i sacchetti di immondizia arrivavano fino al secondo piano dei palazzi. Qui a Montesarchio sorse la più grande di tutte. La storia della discarica e quella del palasport abbandonato sono strettamente intrecciate. Per provare a comprendere la storia di questa “cattedrale nel deserto” (anche se questa storia ha risvolti incomprensibili) bisogna fare un paio di passi indietro nel tempo.

LA DISCARICA DEI “TRE PONTI”

Nel pieno dell'emergenza rifiuti il Commissario straordinario nominato dal Governo individuò l'area delle cave dismesse dei “Tre Ponti” come il sito di una megadiscarica dove sversare milioni di metri cubi di immondizia che sommergevano i centri abitati delle province di Napoli e Caserta. Era un progetto enorme, per portare gli elaborati progettuali da Napoli al Genio Civile di Benevento fu necessario un intero furgone. Inizialmente si prevedeva di sversare a Montesarchio 12 milioni di metri cubi di rifiuti non trattati.

Era la fine del 2005 e successe il finimondo. «Bloccammo più volte con i nostri sit-in la Statale Appia, occupammo la stazione di Benevento, fummo più volte minacciati di arresto», ricorda il geometra Stefano Cerracchio, cittadino di Tufara che a quel tempo era il presidente del Comitato di cittadini contro la discarica. Alla fine le autorità dovettero trattare con la popolazione e le istituzioni locali. Il progetto fu ridimensionato fino a 480mila metri cubi di rifiuti e inoltre Commissario di Governo e Regione Campania si impegnarono a compensare i cittadini della zona interessata con investimenti e infrastrutture, oltre a garantire che la discarica sarebbe durata solo pochi anni e alla fine sarebbe stata bonificata. Inutile dire che nulla di tutto questo è accaduto. Ma andiamo con ordine. «Tra gli interventi previsti a favore della cittadinanza ci fu il progetto di un impianto polisportivo con piscina e quant'altro, una cosa enorme che investiva l'area proprio davanti alla discarica per una superficie di circa 200mila metriquadri», ricorda ancora Cerracchio.

«Il commissario di governo Corrado Catenacci, il presidente della provincia di Benevento Carmine Nardone e il sindaco di Montesarchio Antonio Izzo si impegnarono a che la gestione dell'impianto venisse poi affidata al Comitato di cittadini di Tufara che presiedevo. A noi interessava soprattutto che con quell'impegno evitavamo che in futuro la discarica potesse essere ampliata oltre misura, perché il progetto di impianto sportivo faceva da “tappo”. Poi, certo ci faceva piacere poter avere degli impianti sportivi che nella nostra zona sono sempre mancati».

IL PROGETTO INIZIALE DELL'IMPIANTO SPORTIVO

Fu così che il 28 ottobre 2005, tutte le parti interessate (Regione, Commissario di Governo, Provincia, Comune e Comitati) firmano un accordo di programma. E l'8 marzo 2006 la Giunta provinciale presieduta da Carmine Nardone (centrosinistra) approva il progetto per l'impianto sportivo. Sono previsti nel progetto una piscina coperta lunga 25 metri, una palestra polivalente, spogliatoi, bagni, docce, due campi di calcetto scoperti, due campi di bocce coperti con relativo centro anziani di 60 mq, un parcheggio, gradinate in legno per il pubblico, un piazzale per attività all'aria aperta, riqualificazione degli spazi a verde con bosco termofilo, prati, fascia igrofila lungo il vicino torrente, un percorso natura. Spesa complessiva prevista: 4 milioni e 146mila euro, di cui 3,5 milioni messi dalla Regione e la restante parte dalla Provincia.

Di questi soldi, ben 650mila euro sarebbero andati per gli espropri dei suoli, di proprietà della ditta Falzarano di Airola, 283mila euro per le spese generali e tecniche, 2 milioni e 679mila euro per i lavori veri e propri oltre a 535mila euro di Iva. Solo per la piscina coperta erano previsti 900mila euro. Il progetto fu approntato dall'Università del Sannio, Dipartimento di Scienze Geologiche e Ambientali. Il Rup era un tecnico della Provincia, l'ingegnere Angelo D'Angelo, e il direttore lavori un architetto di Pietrelcina, Nicola Piacquadio. Ma la cosa più importante era che i soldi c'erano, l'intera somma era a disposizione, così si procedette all'appalto e l'anno seguente si diede avvio ai lavori. Sarebbero dovuti finire in diciotto mesi ma, come spesso accade in Italia, di mesi ce ne vollero molti, ma molti di più.

MA IL PROGETTO VIENE RIVOLUZIONATO

Da quel marzo 2006 passano ben nove anni e molte cose nel frattempo sono cambiate rispetto al progetto iniziale. I lavori partono nel 2007 con un progetto già ridimensionato e vanno avanti a passi di lumaca, tra stop, incidenti di percorso e varianti d'opera. Nel 2014, in un nuovo incontro in Provincia con il presidente dell'Ente sannita Aniello Cimitile (che dal 2008 aveva soppiantato il predecessore Carmine Nardone, sempre di centrosinistra) e il sindaco di Montesarchio Franco Damiano (che dal 2013, a capo di una Giunta di centrosinistra, aveva preso il posto del sindaco di centrodestra Antonio Izzo), il Comitato dei cittadini di Tufara presieduto da Cerracchio si vede “scaricato”.

Rinnegando gli impegni presi nel 2006 dal prefetto Catenacci, Cimitile e Damiano comunicano che la gestione dell'impianto sarà affidata a diverse associazioni sportive presenti sul territorio. Nel 2015 la stampa locale annuncia con dei trafiletti di poche righe che l'opera era finalmente completata e la Provincia l'avrebbe presto consegnata al Comune di Montesarchio. Solo che, rispetto al progetto iniziale, la piscina coperta era scomparsa, idem i campi di bocce, le gradinate per il pubblico e il centro anziani.

Il Centro polisportivo era stato ridimensionato escludendo anche la parte destinata a verde con bosco, prati e passeggiata. Al posto della piscina è stato realizzato un banalissimo campo di basket/pallavolo, come ce ne sono in ogni scuola elementare, media e superiore in tutto il territorio di Montesarchio. Non proprio qualcosa di cui si sentiva l'urgenza. In compenso, ai due campi di calcetto si è aggiunto un campo di calcio regolamentare in prato sintetico, con tanto di riflettori per l'illuminazione notturna. Dagli oltre quattro milioni di euro a disposizione inizialmente per l'intervento, che, va ricordato, servivano a compensare i cittadini sanniti per aver ospitato per anni una discarica di rifiuti pericolosi e inquinanti, alla fine si è arrivati a spendere qualcosina di meno. Due milioni e 209mila euro per i lavori, oltre al 20% di Iva, circa il 12% di spese generali e tecniche, più gli oneri di esproprio. Per un totale di soldi pubblici pari a circa tre milioni e mezzo di euro. Non proprio bruscolini.

MANCA SOLO UN PICCOLO DETTAGLIO...

Siamo arrivati così al 2015, quando l'opera, sia pure in versione ridotta e senza piscina, è finita. Il presidente della Provincia è nuovamente cambiato, ora è Claudio Ricci, sempre centrosinistra, mentre come presidente della Regione Campania è appena stato eletto il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, anche lui di centrosinistra. Non resta che consegnare l'impianto sportivo nuovo di zecca al Comune di Montesarchio. Ma ecco che si scopre un piccolo dettaglio. Il nuovissimo centro sportivo non si può utilizzare perché manca l'allaccio alla rete idrica e a quella elettrica. Nessuno ci aveva pensato.

Si fa una riunione tra tecnici e sembra che il preventivo di spesa per risolvere il problema ammonti a poco più di 30mila euro. Certo, ci sarebbe anche qualche problema tecnico-amministrativo relativo al passaggio della condotta idrica attraverso la ferrovia Benevento-Cancello-Napoli. Nulla di irrisolvibile, comunque. E cosa succede a questo punto? Niente. Non succede assolutamente niente. La Provincia non ha mai provveduto all'allaccio delle utenze e quindi non ha mai passato la struttura al Comune. Il Comune dal canto suo si è ben guardato dal sollecitare o trovare lui stesso una soluzione, probabilmente perché gestire l'impianto sportivo si sarebbe rivelato complesso e costoso, ed era forse più comodo lasciare il cerino nelle mani di chi lo aveva acceso. Il combattivo Comitato dei cittadini di Tufara nel frattempo si è sciolto e ognuno è tornato alla propria vita privata. Anche giornali e televisioni, a cercare su internet, non sembra si siano occupati più di tanto della vicenda. Sull'impianto polisportivo di località “Tre Ponti” è calato un silenzio tombale.

Quel che non hanno fatto politici e pubblici amministratori, è stato poi completato dalla natura, dai vandali e dai saccheggiatori. Dopo diciassette anni dal progetto iniziale, otto dalla conclusione dei lavori, quel che resta della struttura lo si può vedere nelle inedite foto che pubblichiamo qui sul “Roma”. Uno scandalo costato alle casse pubbliche (cioè alle tasche dei cittadini) tre milioni e mezzo di euro.

Una montagna di soldi letteralmente buttata nell'immondizia. Uno scempio che grida vendetta agli occhi di Dio e del popolo bue, ma sul quale non risulta che qualcuno abbia aperto un'inchiesta giudiziaria per capire se in questo enorme spreco di denaro pubblico si configurino delle responsabilità da parte di qualcuno: non si sono mosse né la Procura della Repubblica né la Corte dei Conti, competente per i danni prodotti all'erario. Intanto, i cittadini sanniti non hanno avuto alcun risarcimento per i danni causati dalla enorme discarica dei “Tre Ponti”.

A proposito: e della discarica cosa ne è stato? Rimasta attiva dal 2006 al 2009, doveva essere messa in sicurezza e bonificata. Ma, tra un balletto di responsabilità e competenze degno di un'opera di Moliére, tra i processi davanti al Tar e quelli davanti ai tribunali ordinari, ad oggi, dopo quattordici anni dalla sua chiusura, la discarica di Montesarchio non solo non è stata bonificata, e non si vede nemmeno l'ombra di un progetto di bonifica, ma non è neanche stata messa in sicurezza. Questa però è un'altra storia.

Ne riparliamo domani, nella prossima puntata.