Vai all'Asl? Una brutta rogna: nervi saldi e file, serve una pazienza infinita

Il tormento della burocrazia

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Benevento.  

Racconto un'esperienza personale, sperando possa servire agli altri. Con un'avvertenza: armatevi di pazienza, e non per leggere ciò che scrivo. Ne serve tanta, credetemi, se si ha bisogno di una terapia domiciliare riabilitativa.

Il punto di partenza è la prescrizione del medico di base, da presentare all'Asl. E' possibile farlo il lunedì (anche di pomeriggio), il mercoledì ed il venerdì, fortunatamente mi sono informato preliminarmente. Eccomi pronto alla prima fila: l'accesso agli uffici è consentito dalle 8.30, arrivo in largo anticipo, augurandomi di fare in fretta.

C'è qualcuno che è stato più veloce di me, lo capisco quando gli addetti all'ingresso – tutti cortesissimi, come gli altri operatori nei quali mi imbatterò – portano all'esterno gli erogatori dei numeretti che coloro che sono già li, o giungeranno successivamente, devono prendere.

E' finalmente il mio turno allo sportello, mi viene chiesta l'indicazione di uno degli specialisti del settore in organico all'Azienda sanitaria. Resto spiazzato, in aiuto mi viene il ricordo delle parole con le quali una familiare ha definito una dottoressa che ha curato sua madre. Scelgo lei, poi mi viene detto che devo salire al primo piano e raggiungere una certa stanza.

Faccio le scale in un battibaleno, mi tocca un'ulteriore sorpresa: è nascosta nel ticket che devo preliminarmente versare, di cui non ero a conoscenza. Vabbè. Non sono a disposizione bollettini prestampati, mi arrangio: copio il numero di conto corrente e mi catapulto all'esterno, a caccia di una tabaccheria nella quale effettuare il versamento, per evitare di dover raggiungere via XXIV Maggio.

Sono fortunato, sborso il dovuto e con la relativa ricevuta ritorno a via Mascellaro, dove mi viene riferito che a quel punto dovrò attendere la visita a casa. La telefonata giunge a distanza di pochi giorni, all'altro capo c'è una professionista cortesissima e puntualissima. Fa il suo lavoro, mi spiega che tra una settimana sarà pronto il piano terapeutico che dovrò ritirare all'Asl.

Via al conto alla rovescia, ecco la seconda fila, ancora con le stesse modalità. Ho tra le mani i documenti, ma mica è finita. Devo decidere a quale struttura rivolgermi, non perdo tempo. Mi infilo in auto e parto sparato. Guadagno l'ingresso del centro, lascio la pratica e, credulone, immagino di poter concordare subito un appuntamento.

Vengo investito da una doccia gelata, dovrò tornare dopo alcuni giorni per riprendere l'incartamento. Per farne cosa? Ma riportarlo all'Asl, vecchio scemo che sono. E' martedì, la mattina dopo mi sobbarco la terza fila, impiegati e dirigenti sono ormai facce conosciute. Lo sportello è sempre lì, si alza la tendina. Un lungo sospiro di sollievo, tocca a me.

Produco i documenti di riconoscimento, con me ho anche una delega puntualmente firmata. Un dipendente scrive il nome del paziente su una cartellina, mi dice che è tutto posto. In che senso? Posso aggiornare l'orologio per un ulteriore countdown, che non so quando terminerà.

Quando accadrà, vorrà dire che la terapia sarà finalmente iniziata. Fino ad allora, inutile tormentarsi. Non lamentatevi di un meccanismo burocratico assurdo, vi avevo avvertito: serve la pazienza di Giobbe.