Vaccini e malattie, il viaggio nel tempo di Fernando Panarese

Il medico legale beneventano autore di un saggio presentato all'Università di Milano

Benevento.  

 

(Esp) “Il diritto del singolo ad autodeterminarsi può essere sacrificato soltanto al fine di tutelare la salute collettiva, per garantire la protezione dell'interesse pubblico. Questa è una delle ragioni esposte dal materialismo scientista oggi prevalente; etica pubblica sporta nel contrappeso della banalizzazione antiscientifica delle evidenze. Un vero problema”.

Fernando Panarese, medico legale beneventano specializzato in malattie infettive, e con il 'pallino' della scrittura, chiude così la sua pubblicazione, di recente presentata all'Università di Milano, dove il professionista è master in responsabilità sanitaria, su 'Vaccini dell'obbligo: tra diritti e scienza. Dalla peste di Edipo alla Colonna infame. E poi la legge Lorenzin'.

Un saggio breve ma ricchissimo di citazioni, curato dopo un seminario, organizzato dalla Fondazione Gerardina Romano, tenuto presso la cattedra di Diritto e letteratura del professore Felice Casucci, nella facoltà di Giurisprudenza dell'Unisannio. Tema attualissimo, quello dei vaccini obbligatori, che Panarese sviluppa attraverso un viaggio nel tempo. Il punto di partenza è il dramma di Edipo, che uccise, senza saperlo, il padre e ne sposò la moglie, sua madre, dalla quale ebbe poi dei figli. Sofocle immaginò la sua terribile vicenda in una Grecia colpita da un'epidemia di peste. Epidemia tragica, ma con una lezione: chi non ne moriva, non si ammalava più o contraeva l'infezione in forma attenuata. Perchè il corpo umano ricorda l'insulto ricevuto e acquista la memoria immunologica, il mezzo per difendersi in futuro.

Dal 400 avanti Cristo al 1630, alla Milano di Alessandro Manzoni devastata dalla peste, nella quale la memoria immunologica diventa un'opportunità per i monatti: quelli che, guariti, non si sarebbero più infettati. Spogliavano, seppellivano o bruciavano i morti ma senza soffrire il contagio con quella malattia che il popolo pensava venisse diffusa dagli untori. Ecco Caterina che accusa Gugliemo Piazza di averlo visto ungere i muri di Porta Ticinese con la bava di morti di peste. Piazza confessa sotto tortura, chiama in causa altre persone. Il fine? I soldi. La vendita di un unguento composto e spacciato da un barbiere, Giangiacomo Mora. C'è tanta differenza con quanto restituito in questi anni dalla cronaca giudiziaria nel nostro Paese?

Piazza e Mora furono condannati dai giudici ad un atroce supplizio, la casa di Mora fu distrutta e al suo posto venne eretta una colonna chiamata infame. Sentenza definitiva, ma le malattie infettive – sottolinea l'autore- restano comunque un problema sociale da affrontare con raziocinio. Panarese passa in rassegna la legge Lorenzin, nata da una dura controversia tra 'pro vax' e 'no vax', le novità introdotte dal nuovo governo che rendono nebulosa la certezza dell'applicazione, ed evidenzia i vantaggi della pratica vaccinale, che, come ogni terapia, non è esente da rischio.

Aspetti rispetto ai quali “i nuovi media non consentono alcuna 'gerarchizzazione' della comunicazione, con la conseguenza che ogni opinione e informazione ha apparentemente lo stesso valore, sia essa fondata e documentata, sia si tratti di una informazione errata per superficialità, ideologia , o ancor peggio per deliberata volontà di distorsione delle decisioni di chi riceve l'informazione”.

Bellissimo, alla fine, il riferimento a Josè Saramago, che “in un suo celebrato e controverso romanzo, contesta ai genitori di Gesù l'egoismo di averlo salvato dalla strage degli innocenti, non avendo voluto condividere con gli altri genitori l'informazione che avrebbe potuto evitare la morte anche ai loro figli”.