Rap, Tamburo si racconta: "Il mio percorso di maturazione tra ferite ed errori"

"La pandemia, tra lutti e blocco artistico...e poi la laurea e la convivenza tra Alessio e Tamburo"

rap tamburo si racconta il mio percorso di maturazione tra ferite ed errori
Benevento.  

Prima ero solo Tamburo, ora sì, sono pure Alessio”. Sì, alla soglia dei trent'anni (domani ne compie ventinove, auguri) Alessio Luongo, in arte Tamburo, mette una bandierina (rigorosamente giallorossa) su una tappa del suo processo di maturazione.
Figlio della Benevento più vera, quella popolare che ha esperienze e cadenza del Rione Libertà, oggi è, in maniera incontrovertibile, uno dei prodotti più interessanti del Sannio (e non solo) a livello musicale.
Lo è per tanti motivi: per il talento, naturalmente, ma forse, oltre alla musica, per il percorso non privo di cadute, botte e sofferenze che l'ha portato dov'è oggi, con l'uscita negli ultimi giorni di “Maybe”.

Dal rap "tenero" allo stop

Era un ragazzino quando aveva cominciato a rappare: un ragazzino incazzato, con un occhio al rap e uno alle battaglie sociali che pure, teneramente, lo vedevano impegnato. E tenero, per quanto volesse apparire il contrario naturalmente, appariva il suo rap dieci anni fa: “All'epoca ero solo Tamburo, ero un ragazzino con tanta passione e che faceva tutto quello che gli passava per la testa. Ora sto capendo che devo portare fuori qualcosa di Alessio”. Un percorso non facile: “Ero arrivato nel 2019 a togliermi diverse soddisfazioni, avevo investito in progetti importanti, avevo riempito qualche piazza: correvo. Poi è arrivata la pandemia, ed è stato un punto di rottura”.

L'evoluzione dalla sofferenza

Un punto di rottura che parte da dentro, e investe sia il livello personale che quello artistico: “Ho perso mio nonno: può sembrare un'eventualità comune per una persona della mia età, per quanto dolorosa, ma per me non è così. Le figure genitoriali per me sono stati i nonni, per vari motivi: con mio padre i rapporti erano freddi e si sono stretti di nuovo nel 2017...dopo il primo lockdown mi sono ritrovato da un lato con alcuni lavori bellissimi, dall'altro con un blocco che mi impediva di andare avanti, di scrivere...”.
E dunque ci si ritrova con i sogni di un ragazzo che sa di essere bravo da un lato, ma che di soli sogni non può vivere: “Ho iniziato a lavorare: tuttora lo faccio, con un'azienda che si occupa di arredamento su misura. Mi serve: con questo lavoro finanzio i miei progetti musicali e aiuto in casa per quel che posso. Ma non è un sacrificio, ho dovuto sempre scegliere: quando potevo mettere qualcosina da parte da ragazzino lo investivo per la musica, vedevo io coetanei andare in vacanza mentre io non l'ho mai fatto. Produrre un video o della musica costa, ma va bene così”.

Maybe: relazioni ed errori

Un evidente processo di maturazione dunque che ha portato prima al monologo “la mia réverie” e poi al singolo “Maybe” in cui parla di amore e di relazioni, un inedito nel repertorio di Alessio Tamburo: “Se c'è del personale? Tantissimo. Nel senso che non è dedicata a una storia o a una persona in particolare, ma a tutto ciò che di sbagliato mi porto dentro sul fronte relazionale. Un giorno mi lascio andare, l'altro mi allontano: insomma, una canzone sui miei errori, su ciò che ho perso. Come sta andando? Bene, considerando che non è stata “spinta” e che è una sorta di “ballon d'essai” sta andando meglio di quanto mi aspettassi”.

La Laurea, l'inno giallorosso e il futuro

E in questo cammino c'è pure “la corona d'alloro”: “Sì, mi sono laureato al conservatorio: non me lo sarei mai aspettato. Ero sempre il ragazzino bravo ma che non si impegna, mai avrei pensato di continuare scuola dopo le superiori: devo ringraziare una prof, con cui avevo anche litigato ma che poi ha creduto in me, e devo ringraziare anche il Conservatorio per la possibilità di frequentare senza farlo diventare un peso economico, altrimenti non avrei mai potuto laurearmi...pensa che io non avevo neanche un computer. Però è un traguardo bellissimo: portavo i 30 a casa dopo gli esami e mio padre chiamava i parenti”.
E in mezzo l'inno del Benevento, di cui è tifosissimo: “Un orgoglio incredibile: ci pensavo da dieci anni” e all'orizzonte nuovi e interessanti progetti “Un Ep (un'uscita discografica più lunga di un singolo, ma contenente meno brani di un album o di un lp) che sto curando maniacalmente, perché quando lavoro sono molto meticoloso”.

Da Tamburo ad Alessio e viceversa dunque in un processo di maturazione basato sugli equilibri, un ragazzino che impara dalle sue cicatrici, un figlio di Benevento che le dà lustro a livello artistico...ma non solo. Un percorso che continua: giusto il tempo di riprendere fiato e soffiare sulle ventinove candeline...il resto è vita.