Paolucci: «Unire Sannio e Irpinia per uscire da marginalità»

La proposta: «Superare campanilismi e unire le due province»

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Benevento.  

Accorpare Sannio e Irpinia per uscire dalla marginalità. E' l'idea di Federico Paolucci, ex portavoce provinciale di Fratelli d'Italia: «Il recente accorpamento delle Camere di Commercio del Sannio e dell’Irpinia, da parte del Presidente della Regione Campania, costituisce l’ennesima occasione per affrontare una questione che resta spesso sotto traccia nel dibattito e nell’iniziativa politica, che invece costituisce la questione più importante per il futuro del Sannio. Non entro, naturalmente in questioni tecniche interne all’ente camerale, come le modalità di conteggio dei seggi e le proporzioni della rappresentanza.

L’occasione è invece utile per ri-proporre, da parte mia, una riflessione che riguarda l’assetto istituzionale delle due province e delle aree interne della Campania. Il Sannio ha, da decenni, lamentato una marginalità dovuta alla distanza da Napoli e soprattutto alle scarse dimensioni demografiche. Per decenni si sono alternate varie ipotesi, tutte valide e suggestive: il Molisannio, la provincia Longobarda, etc. Tutte ipotesi che hanno difficoltà di attuazione, per la difficoltà di percorso istituzionale.

Tuttavia, la questione ritorna in tutte le occasioni in cui il Sannio si sente penalizzato: è riemersa anche a cavallo delle elezioni regionali, a proposito della scarsa rappresentanza di consiglieri nell’assise regionale. Tuttavia, mi sfugge, al proposito, quale dovrebbe essere la soluzione giuridica attraverso la quale si potrebbe concedere qualche consigliere in più al Sannio. La norma è improntata ad un equilibrio per numero di abitanti e l’unico principio per aggirarla, sarebbe quello di utilizzare un criterio che tenga conto anche dell’estensione del territorio. Che farebbe comodo anche a Salerno e Avellino, ma non certo a Napoli e Caserta, che rappresentano i due terzi della popolazione regionale. Una chimera, dunque.

Nel frattempo, dalla Banca d’Italia alla Camera di Commercio, passando per le associazioni sindacali e soprattutto nella programmazione regionale (vedi questione gestione idrica o questione sanità), di fatto veniamo considerati come una provincia unica. Ed è ovvio che, finchè rimarranno due enti e due territori distinti, il Sannio, più piccolo demograficamente e territorialmente dell’Irpinia, ne paga sistematicamente le conseguenze. Questa è la realtà.

Sul punto, si confrontano due approcci contrapposti: l’uno vorrebbe che le forze politiche sannite fossero così brave e potenti da ribaltare in regione la logica spietata dei numeri (e perché, poi, gli Irpini dovrebbero avere l’anello al naso?). Un approccio, quindi, più campanilistico e irrealistico, utile per una facile polemica politica, ma inutile a risolvere il problema. Che è quello che in altre occasioni ho definito la “guerra tra poveri”.

L’altro approccio, che io sostengo da tempo, è invece quello di superare le rivendicazioni di campanile e procedere all’unione delle due provincie, che hanno caratteristiche sociali territoriali morfologiche e produttive simili. La Campania avrebbe quattro province e la provincia Sannio Irpina avrebbe un peso simile a quella di Caserta e di poco inferiore a quella di Salerno. Sarebbe una provincia di 700 mila abitanti, con un’estensione di 4900 km quatrati, come Salerno, che è tra le province più estese d’Italia. I Capoluoghi dividerebbero le competenze anche per la loro specificità e per le loro diverse potenzialità, come accade in varie altre realtà italiane (Massa Carrara; Pesaro Urbino; Barletta Andria Trani, etc…). Napoli sarebbe costretta ad essere più vicina e più attenta; e le aree interne della Campania sarebbero sicuramente più forti».