Renzo Piano: "Auguro a questo ponte di essere amato"

Il discorso per l’inaugurazione del nuovo ponte di Genova a 2 anni dal crollo del Morandi

renzo piano auguro a questo ponte di essere amato

Un ponte che si spezza è un’immagine sospesa tra una realtà drammatica e tragica e la raffigurazione metaforica di una società che crolla, delle certezze che si infrangono, delle comunicazioni che si interrompono.

Il 14 agosto 2018 in un’Italia distratta e in vacanza, il ponte Morandi crollò, sgretolandosi come un castello di sabbia.
43 morti, 566 sfollati. La rabbia non riempì solo Genova ma l’intero Paese. Morire così nell’incuria di chi al posto di garantire sicurezza pensava esclusivamente al profitto. Morire così schiacciati tra le polemiche che fermano ogni opera a prescindere. Morire così tra la burocrazia che ferma anche la sicurezza. Morire vittime di un’Italia incapace di liberarsi dell’inefficienza e delle clientele, mali al’apparenza incurabili che assillano e tormentano da sempre il nostro popolo.

Da quella tragedia è nata forse un’Italia capace di mostrarsi orgogliosa, capace di rialzare la testa e di ricostruire ciò che si distrugge senza perdersi in lungaggini, senza dare spazio agli affaristi, senza farsi risucchiare dagli errori di sempre. 

In due anni il ponte è pronto e il discorso di inaugurazione di Renzo Piano, l’archi-star più famosa del mondo, genovese e ideatore del nuovo ponte San Giorgio, resteranno nella storia e segneranno tanto quanto il ponte la vita e il futuro di ogni italiano, perché costruire ponti significa costruire contatti e ricostruire ciò che è andato distrutto, significa recuperare storie, riallacciare una storia nazionale che, quel 14 agosto del 2018, era stata lacerata.

Cari tutti, 
oggi è un giorno di intensa commozione. Dovrò cercare le parole, perché questo ponte è il figlio di una tragedia, di un lutto. E le tragedie e i lutti non si possono dimenticare, si elaborano, si metabolizzano ma restano imprigionati nelle nostre coscienze, non c’è niente da fare. Diventano l’essenza stessa di quello che noi saremo. Ecco qui noi ci siamo tutti smarriti due anni fa nello sgomento della tragedia. E qui oggi ci ritroviamo, ci ritroviamo anche per ringraziare chi ha costruito questo ponte, l’energia che ci ha messo, con rapidità, ma senza fretta. Io ho contribuito, ho dato l’idea, l’idea di un ponte che attraversi la valle in maniera silenziosa, così, passo per passo, in silenzio, quasi chiedendo il permesso. Un ponte  che sia come una nave, un grande vascello bianco che attraversa la valle. Beh però poi bisognava farlo questo ponte. È qui che allora è uscita la forza e l’energia di questo Paese, straordinario. Abbiamo avuto più di mille persone, dai commissari fino ai manovali. È stato straordinario. È stato il più bel cantiere che ho avuto in vita mia. È stato semplicemente straordinario. Per questo dobbiamo riconoscenza a tutti e quando si è alla fine di una grande fatica ciascuno di noi si aspetta una piccola perla come premio, questa piccola perla sia la riconoscenza. È per questo che questa giornata è così drammatica, perché siamo sospesi tra il cordoglio della tragedia e l’orgoglio di aver ricostruito il ponte. Noi genovesi che siamo un po’ selvatici, lo sapete, restiamo zitti in silenzio, più o meno. Si è parlato di “miracolo” ma io non credo che si debba parlare di miracolo, lasciamoli in pace i miracoli. Non c’è stato nessun miracolo, semplicemente è stato che il Paese ha mostrato una parte buona. C’è stata una grande competenza, una grande energia, una grande generosità. Non ho mai visto uno lamentarsi. Questa è stata la cosa importante che è successa qui. Vedete costruire è una bellissima cosa. Costruire non si fa miracoli, magia si, ci vuole magia perché costruire significa partire da una cosa che non ha forma e dargli forma. Questa magia c’è. Costruire è una cosa bellissima, è l’opposto di distruggere, è edificare. Costruire un ponte poi. I muri non bisognerebbe ma i ponti bisognerebbe costruirne tanti. Costruire un ponte è una cosa bellissima, è un gesto di pace. All’interno del costruire c’è un’altra magia che è quella del cantiere e qui c’è stato questo splendido cantiere. In cantiere succede una cosa incredibile, cresce la solidarietà, la gente dimentica le differenze, il colore della pelle, lo statuto, tutto viene dimenticato, prevale su tutto l’orgoglio e la solidarietà. Questo è il miracolo. Prevale la passione e l’amore. E se posso dire una cosa sull’amore io dico che auguro a questo ponte di essere amato, non è facile essere erede di una tragedia, è dura, e allora mi auguro che questo ponte sia amato e adottato dalla gente e diventi parte della loro esistenza quotidiana. E credo che avverrà, credo che sarà amato, perché questo ponte è semplice e forte come questa città. Ma non basta, sarà amato perché questo ponte gioca con la luce, si con la luce. Quando si arriva subito al ponte, dalle regioni del Nord, si scopriva la luce del mediterraneo e questa luce gioca con il ponte, gioca sotto, sulla forma del ponte, sulle pile del pinte, sulla carena della nave. Gioca con la luce e questo conterà. Gioca anche con il vento. In una poesia Giorgio Caproni ha scritto: “Genova di ferro e aria”. Ecco io vorrei che questo ponte fosse visto così, di ferro e aria. Questo ponte è stato costruito in acciaio ma è stato forgiato nel vento. Tutto qua, adesso il ponte è vostro. Lunga vita al ponte San Giorgio.