Toma lancia l’allarme: la crisi dell’ex Ilva può esplodere

Taranto, dopo l'incendio all'Afo1, scatta il sequestro dell’impianto

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Il presidente di Confindustria Taranto denuncia il blocco della produzione e la mancata risposta alla richiesta di interventi urgenti. In bilico l’accordo con Baku Steel, cresce il rischio di bomba sociale per l’aumento della cassa integrazione

Clima tesissimo dopo l’incendio. Dopo l’incendio che ha colpito l’Altoforno 1 dell’ex Ilva a Taranto, l’impianto è stato posto sotto sequestro probatorio senza facoltà d’uso dalla procura. La decisione ha provocato un duro impatto sull’intero ciclo produttivo, mettendo a rischio la tenuta industriale e sociale del sito siderurgico. Il presidente di Confindustria Taranto, Salvatore Toma, ha evidenziato come il mancato via libera della magistratura agli interventi urgenti richiesti dai commissari abbia aggravato la situazione tecnica dell’altoforno, ormai in una condizione compromessa.

Il rischio della deflagrazione sociale

La preoccupazione principale riguarda le ripercussioni occupazionali: l’azienda ha già annunciato un ampliamento della cassa integrazione che coinvolgerà circa 4.000 lavoratori. Confindustria avverte che la situazione rischia di innescare una nuova bomba sociale, proprio mentre si moltiplicano le incertezze sull’esito della trattativa in corso con Baku Steel. Il confronto con il colosso azero, in programma per il 19 marzo, appare ora compromesso.

Il fronte giudiziario e le accuse ai dirigenti

La procura ha iscritto nel registro degli indagati tre dirigenti dell’ex Ilva, ipotizzando omissione dolosa di cautele e violazione della normativa Seveso. Gli interventi di messa in sicurezza, autorizzati troppo tardi secondo l’azienda, non sono più applicabili in condizioni standard. L’assenza di colaggio dei fusi, dopo oltre 120 ore dallo stop, obbligherà a soluzioni straordinarie, dai risultati tutt’altro che certi.

Lo scontro politico: le accuse del M5s

Mario Turco, vicepresidente del Movimento 5 Stelle, ha attaccato duramente il governo e in particolare il ministro Adolfo Urso, accusato di aver affossato il piano di riconversione ambientale dell’acciaieria e di aver dilapidato 1,5 miliardi. Turco ha chiesto la rimozione del ministro, ritenuto responsabile del blocco delle bonifiche e del riesame AIA che avrebbe allungato di altri 12 anni il ciclo a carbone.

I sindacati: no alla cassa integrazione senza garanzie

Anche i sindacati hanno fatto sentire la propria voce. La Fiom Cgil ha dichiarato inaccettabile il ricorso alla cassa integrazione senza un piano chiaro per la ripresa, denunciando la carenza di risorse e strategie. Il coordinatore nazionale Loris Scarpa ha ribadito che il sindacato si opporrà a qualsiasi percorso unilaterale, convocando un confronto urgente con i lavoratori.