La notte della maggioranza a un passo dal burrone e il no del Quirinale

Il retroscena del decreto sulle pensioni bloccato mentre la Manovra restava aperta

la notte della maggioranza a un passo dal burrone e il no del quirinale

La quasi crisi sulla Manovra nasce nella notte tra Bruxelles e Roma. La Lega attacca le coperture sulle pensioni, Giorgetti vacilla, Palazzo Chigi studia un decreto lampo. Ma dal Colle arriva lo stop: sarebbe stato inopportuno, forse incostituzionale

La tempesta si è addensata lontano dai riflettori, mentre la premier Giorgia Meloni era a Bruxelles impegnata nei dossier europei. A Roma, invece, la maggioranza entrava nella sua ora più buia sulla Manovra di bilancio. Le tensioni interne alla Lega esplodono sulle coperture del capitolo pensioni, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti viene messo all’angolo e l’ipotesi di una rottura non appare più un tabù. A notte fonda, nei corridoi di Palazzo Chigi prende forma una soluzione d’emergenza: stralciare le norme contestate e trasferirle in un decreto ad hoc. Un’operazione rapida, pensata per disinnescare la fronda interna e chiudere il caso prima che diventi pubblico. Il problema è che la Manovra è ancora aperta in Parlamento e il confine tra urgenza e forzatura costituzionale è sottile. Venerdì mattina il tentativo di mediazione passa dal Quirinale. Gli uffici giuridici della Presidenza della Repubblica fanno filtrare un giudizio netto: un decreto di bilancio, in quelle condizioni, sarebbe stato inopportuno e potenzialmente incostituzionale. Un messaggio che il governo legge come un no secco. Sergio Mattarella, raccontano fonti di maggioranza, avrebbe fatto sentire la sua posizione in modo collaborativo ma fermo, richiamando il rispetto delle regole e dell’articolo 77 della Costituzione.

Il rischio di un precedente pericoloso

La preoccupazione del Colle non è solo formale. Un decreto che intervenisse su una Manovra ancora in discussione avrebbe aperto la strada a ricorsi e conflitti istituzionali, esponendo il governo a rilievi anche davanti alla Corte costituzionale. Un precedente senza storia, giudicato “pericoloso per il sistema”, che avrebbe trasformato una crisi politica in un problema istituzionale. Scartata la via del decreto, la maggioranza è costretta a tornare al tavolo. Dopo ore di trattative, arriva un nuovo emendamento che ricompone, almeno sulla carta, le divisioni. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, si muove per spiegare la soluzione anche alle opposizioni, ammettendo che il rischio di far saltare il banco è stato reale. La crisi rientra, ma lascia cicatrici profonde. Il brindisi di fine anno al Quirinale diventa l’occasione per colloqui sottovoce tra Meloni, Salvini e Tajani, mentre il messaggio pubblico del presidente richiama all’unità e al confronto. Appelli destinati, probabilmente, a restare inascoltati. La Manovra prosegue il suo iter, ma la notte del “no” del Quirinale resta come un avvertimento: la stabilità proclamata può incrinarsi in poche ore.