Femminicidi: quei nove segnali che gridano aiuto (e che nessuno deve ignorare)

Perché ogni volta che diciamo “sembravano una coppia normale”, stiamo già arrivando troppo tardi

femminicidi quei nove segnali che gridano aiuto e che nessuno deve ignorare

Li ha messi in fila la dottoressa Alessandra Kustermann, medico, ginecologa e storica direttrice del Soccorso Violenza Sessuale e Domestica della Mangiagalli di Milano

Ci sono drammi che non esplodono all’improvviso. Hanno un suono muto, un respiro trattenuto, un gesto che sembra piccolo ma che, se solo fosse ascoltato, basterebbe a cambiare il finale. I femminicidi non nascono in un lampo di follia: crescono lentamente, giorno dopo giorno, nel silenzio, nella paura, nella solitudine. E quei segnali — nove, precisi, riconoscibili — li ha messi in fila la dottoressa Alessandra Kustermann, medico, ginecologa e storica direttrice del Soccorso Violenza Sessuale e Domestica della Mangiagalli di Milano. Nove campanelli d’allarme che tutte e tutti dobbiamo imparare a riconoscere. Perché ogni volta che diciamo “sembravano una coppia normale”, stiamo già arrivando troppo tardi.

1. L’indifferenza come punizione

Quando un uomo reagisce al “no” di una donna fingendo disinteresse, smettendo di parlarle, negandole affetto, non è un capriccio: è una forma di dominio. È la prima lama, sottile, di una violenza emotiva che toglie valore e sicurezza.

2. Il ricatto affettivo

“Se non fai come dico, ti lascio.”
Dietro questa frase non c’è amore, ma controllo. Non è un litigio, è un avvertimento. E chi lo riceve non deve mai pensare che sia normale.

3. L’umiliazione

Chi ti sminuisce, chi ti deride, chi ti fa sentire “meno” di ciò che sei, sta scavando una trincea invisibile. L’umiliazione è l’anticamera della sopraffazione: spezza l’autostima, apre la strada al dominio.

4. La manipolazione

L’amore non si impone. Chi decide per te, chi pretende di sapere cosa devi fare, chi ti fa credere che “è per il tuo bene”, sta rubando la tua libertà. E nessuno ha diritto di farlo.

5. La gelosia patologica e il controllo

Non è romanticismo, non è passione. È controllo, è possesso, è ossessione. Quando qualcuno vuole sapere dove sei, con chi parli, cosa fai — quando ogni gesto diventa un interrogatorio — quello non è amore. È prigionia.

6. L’intrusione nella vita privata

Chiedere le password, leggere i messaggi, spiare i social. È un’invasione, è un furto di libertà. L’intimità non è un lusso: è un diritto. E chi lo calpesta, sta già oltrepassando il confine della violenza.

7. L’isolamento

“Allontanati da loro, non ti capiscono.”
È la frase con cui tanti carnefici costruiscono la gabbia perfetta: una donna sola è una donna senza difese. Quando un partner ti stacca da amici e famiglia, non lo fa per amore. Lo fa per potere.

8. L’intimidazione

Le minacce, anche quelle dette “scherzando”, non vanno mai ignorate.
“Se mi lasci, ti ammazzo.”
“Se mi tradisci, non finisce bene.”
Ogni parola di questo tipo va presa sul serio, sempre.

9. Le minacce di suicidio

“Se mi lasci, mi uccido.”
Non è dolore, è violenza. È una forma subdola di ricatto emotivo che trasforma la pietà in catena. Non è amore: è paura travestita da bisogno.

Non aspettare il dramma

Questi segnali, presi uno per uno, possono sembrare “piccoli”. Ma insieme raccontano una storia di pericolo imminente. Una storia che può ancora essere fermata. Riconoscerli, parlarne, confidarsi con un’amica, con un parente, con un medico, con un centro antiviolenza — è già un modo per salvarsi. La violenza non inizia con uno schiaffo. Inizia con una parola che ferisce, un silenzio che punisce, una paura che cresce. E finisce, troppo spesso, con una vita spezzata che tutti avremmo potuto proteggere. Per questo, ogni donna che si riconosce in uno di questi nove segnali deve parlare subito.
E ogni persona che li vede in chi ama deve ascoltare, credere, agire. Perché non è “una faccenda privata”: è una battaglia di civiltà.