Dopo due anni di prigionia, Hamas ha liberato gli ultimi venti ostaggi israeliani ancora in vita tra i 251 rapiti durante l’attacco del 7 ottobre 2023. Israele ha accolto la notizia con un misto di sollievo e commozione: negli ospedali di Tel Aviv, Beer Sheva e Gerusalemme sono pronte le strutture mediche per assisterli. Le prime analisi parlano di condizioni di salute precarie, con molti prigionieri in stato di grave deperimento fisico.
Chi sono gli ostaggi liberati
Tra i venti tornati alla libertà ci sono soldati, civili, fratelli, figli, padri. Matan Angrest, 22 anni, era di pattuglia lungo il confine con Gaza quando fu catturato. I fratelli Ariel e David Cunio, rapiti nel kibbutz Nir Oz insieme alle loro famiglie, rivedranno ora i loro cari dopo due anni di separazione. I gemelli Gali e Ziv Berman, 27 anni, sono stati rapiti nel kibbutz Kfar Aza, mentre Elkhana Bohbot, 36 anni, era tra i giovani del festival musicale Nova. Ci sono anche le guardie private del rave, come Rom Braslavski, 21 anni, e Eitan Mor, 25, che furono presi mentre cercavano di aiutare altri feriti. Tra i liberati figurano inoltre il soldato Nimrod Cohen, 20 anni, Evyatar David, 24, e il suo amico Guy Gilboa-Dalal, che apparvero in un video di propaganda diffuso da Hamas.
Le vite spezzate di una generazione
Maxim Herkin, 37 anni, ucraino naturalizzato israeliano, è sopravvissuto a due guerre in pochi mesi: era tornato da Kiev pochi giorni prima del suo rapimento. Eitan Horn, 38 anni, fu catturato nel kibbutz dove si trovava con il fratello, liberato mesi dopo. Altri nomi della lista sono Bar Kupershtein, Segev Kalfon, Yosef-Haim Ohana, Alon Ohel e Matan Zangauker, tutti giovani presenti al festival Nova. Chiude l’elenco Avinatan Or, 32 anni, rapito insieme alla fidanzata Noa Argamani, liberata lo scorso giugno. Le famiglie hanno vissuto due anni sospesi, tra la speranza e la paura di un annuncio tragico. Molti hanno continuato a organizzare sit-in davanti alla residenza del primo ministro, chiedendo al governo di non dimenticare i loro figli. Le loro parole, oggi, sono di gioia composta ma anche di dolore per chi non è tornato. “Li riabbracciamo, ma il prezzo è stato altissimo”, hanno dichiarato alcuni parenti.
Una tregua fragile
La liberazione è avvenuta in seguito a un nuovo cessate il fuoco, mediato da Egitto e Qatar, che prevede il rilascio di prigionieri palestinesi in cambio degli ostaggi. È una tregua fragile, che molti analisti temono possa spezzarsi rapidamente. Tuttavia, per Israele, il ritorno dei venti superstiti segna la fine di una lunga attesa collettiva e il simbolo di una nazione che, pur ferita, ritrova parte della propria umanità.
