Linea gialla e tregua in bilico: Israele riprende i raid su Gaza

Dopo l’uccisione di due soldati, Israele ordina nuovi bombardamenti e sospende gli aiuti

linea gialla e tregua in bilico israele riprende i raid su gaza

Il governo israeliano considera violata la tregua e colpisce in più ondate la Striscia di Gaza, con decine di obiettivi centrati e almeno trenta vittime. Washington interviene per riaprire i valichi e mantenere l’accordo

Sul terreno compare una linea di blocchi di cemento gialli, segnata dalle bandiere metalliche che delimitano la fascia di sicurezza. Non è un confine ufficiale, ma una zona tracciata dai consiglieri americani per separare gli schieramenti durante la fase di attuazione del cessate il fuoco. Le truppe israeliane si sono ritirate oltre quella linea, ma continuano a operare con ruspe e pattugliamenti. Due soldati israeliani sono stati uccisi a est di Rafah in un attacco con razzo anticarro. Israele ha definito l’episodio una grave violazione della tregua e ha reagito con una serie di raid aerei e manovre di terra su decine di obiettivi. I bombardamenti hanno causato almeno una trentina di vittime palestinesi. Il governo ha ordinato la chiusura dei valichi e il blocco degli aiuti umanitari, misura poi revocata dopo la pressione diplomatica degli Stati Uniti.

La pressione degli Stati Uniti

La Casa Bianca ha chiesto moderazione e ha richiamato i propri emissari nell’area. Steve Witkoff e Jared Kushner sono tornati in Israele per assicurarsi che la tregua regga, mentre il vicepresidente JD Vance è atteso nei prossimi giorni. Washington ritiene che i trenta giorni successivi siano cruciali per consolidare l’accordo e avviare le prime fasi del piano di stabilizzazione. All’interno della coalizione israeliana crescono le spinte verso la ripresa della guerra. I ministri dell’area ultranazionalista, tra cui Bezalel Smotrich, hanno esultato sui social per l’idea di tornare al conflitto. Netanyahu, stretto tra la pressione dei suoi alleati e quella americana, cerca di mantenere il controllo e di non far crollare l’intesa.

I nodi aperti: aiuti, ostaggi e disarmo

La riapertura dei valichi e la consegna degli aiuti restano legate ai progressi sul fronte degli ostaggi e sulla sicurezza interna. Hamas ha dichiarato di voler rispettare l’accordo, ma continua ad affrontare resistenze interne di clan e milizie ribelli. È in corso la restituzione dei corpi dei rapiti del 7 ottobre 2023 e la discussione con Egitto e Qatar sui meccanismi di controllo. Il punto più delicato resta il disarmo delle milizie, considerato dagli Stati Uniti essenziale per la pace duratura. Il Dipartimento di Stato americano ha lanciato un allarme su possibili attacchi contro civili palestinesi. Fonti locali riferiscono che milizie legate ad Hamas stanno arrestando e giustiziando presunti collaborazionisti, fenomeno che alimenta il caos e mina la stabilità della tregua. Nonostante la nuova escalation, la tregua non è ancora compromessa. Gli Stati Uniti puntano a consolidare il cessate il fuoco e a guidare la fase di transizione, chiedendo a Israele e ai Paesi arabi di esercitare pressioni su Hamas. Trump, convinto di poter trasformare l’accordo di Gaza in un tassello del suo “nuovo Medio Oriente”, mira a estendere i rapporti di normalizzazione anche all’Arabia Saudita.