Sulla massicciata della ferrovia di Pokrovsk c’è una bicicletta caduta. Al manubrio, dicono i testimoni, una donna che rincasava con una tanica d’acqua legata al portapacchi anteriore e un borsone dietro al sellino. L’hanno colpita mentre pedalava verso casa. Accanto ai binari giace anche un uomo, ucciso nel tentativo di attraversarli. Poco distante, un anziano in una pozza di sangue. Una donna ferita alle gambe giace sul ciglio della strada, mentre un uomo la solleva e la porta in salvo sotto il fuoco dei droni. È il frammento più umano in un paesaggio disumano, dove il cemento brucia e il silenzio è interrotto solo dagli spari. Quelle immagini, riprese da un drone Mavik, sono state consegnate a Denys Khrystov, un volontario ucraino che da oltre tre anni documenta la guerra da vicino. Prima del conflitto faceva il presentatore televisivo; oggi è un reporter improvvisato con centinaia di migliaia di follower, che rischia la vita per aiutare i civili intrappolati nella linea del fuoco. Il filmato non è datato, ma sarebbe stato girato nei giorni scorsi, mentre i combattimenti nel centro di Pokrovsk si intensificavano.
Khrystov racconta che un gruppo di assalto russo si è fortificato nei pressi della stazione e che, prima di essere neutralizzato, avrebbe lasciato dietro di sé un “cimitero di civili”. Le sue parole, pronunciate con voce rotta, rivelano il peso della testimonianza: “Non è più un segreto che si spari per le strade del centro. L’area della stazione è diventata un luogo di esecuzioni”.
Il bollettino militare di Kiev
Le autorità ucraine hanno confermato, almeno in parte, la ricostruzione del volontario. In un comunicato, il 7° Corpo delle Forze d’assalto aviotrasportate ha dichiarato che durante un’operazione nel centro di Pokrovsk un gruppo russo avrebbe ucciso diversi civili nella zona della stazione ferroviaria. Il bollettino aggiunge che i responsabili sono stati individuati e uccisi: si nascondevano nei locali della stazione stessa, successivamente colpiti da droni ucraini. I filmati diffusi mostrano le esplosioni che devastano l’edificio, mentre alcuni soldati russi tentano di fuggire tra le macerie.
La versione russa: accuse rovesciate
Da Mosca, la narrazione è opposta. I media filogovernativi parlano di “manipolazione ucraina”, sostenendo che a sparare sui civili sarebbero stati i militari di Kiev, come “atto di propaganda” prima della ritirata. Le immagini diffuse dal fronte russo vengono presentate come prova di presunti attacchi ucraini contro i residenti diretti verso le linee russe. È la solita guerra parallela delle parole, dove ogni tragedia diventa un’arma nella battaglia della comunicazione. Nessuna fonte indipendente, per ora, è riuscita a verificare le versioni in campo. Pokrovsk è oggi una città spettrale, bombardata e svuotata. Ma quella bicicletta a terra accanto ai binari richiama alla mente un’altra immagine, diventata simbolo di un orrore già visto: la donna uccisa a Bucha nell’aprile del 2022, colpita mentre pedalava per sfuggire alle truppe di occupazione. Il parallelo è inevitabile, e straziante. Anche qui, come allora, le vittime non sono soldati ma civili, colti nella banalità dei gesti quotidiani: portare acqua, attraversare la strada, tornare a casa.
Una battaglia senza più confini
Pokrovsk è oggi il cuore della linea del Donetsk, un nodo strategico di ferrovie e vie di rifornimento. La città è divisa in quartieri contesi, le strade trasformate in trincee. Chi è rimasto, vive tra il terrore e la fame, senza vie di fuga. Le ambulanze non riescono a passare, i soccorsi vengono fermati dai droni. Khrystov e altri volontari cercano di evacuare chi possono, tra i colpi di artiglieria e il fumo delle esplosioni. “Non c’è più un posto sicuro”, dice in un messaggio, “ma ci sono ancora vite da salvare”. In questo frammento di mondo devastato, la verità è un bene raro quanto l’acqua che la donna trasportava sul portapacchi della sua bicicletta. Forse non sapremo mai chi ha premuto il grilletto, chi ha ordinato di sparare. Ma resta l’immagine, nuda e impietosa, di una città che muore due volte: sotto le bombe e nel silenzio di chi guarda.
