Tensione nel Caribe: la nave Usa a un passo dal Venezuela

L’USS Gravely attracca a Trinidad: tensione altissima tra Washington e Caracas. Possibili raid

tensione nel caribe la nave usa a un passo dal venezuela

L’arrivo del cacciatorpediniere lanciamissili della Marina statunitense a Port of Spain, a pochi chilometri dalle coste venezuelane, riaccende il confronto tra Stati Uniti e il governo di Nicolás Maduro

La USS Gravely, nave lanciamissili della Marina Usa, è giunta nel porto di Port of Spain, a Trinidad e Tobago, in quello che Washington definisce un attracco “di routine”. Ma la coincidenza temporale e geografica ha un peso enorme: l’approdo avviene nel pieno di una nuova fase di scontro tra gli Stati Uniti e il Venezuela. Da mesi la tensione è tornata ai livelli più alti, alimentata da dichiarazioni aggressive e movimenti militari nel quadrante caraibico. L’arrivo della nave, dotata di sistemi di lancio Tomahawk e di radar di ultima generazione, rappresenta una chiara dimostrazione di forza. Le acque tra Trinidad e il Venezuela distano meno di dieci chilometri: una distanza che rende la presenza americana un segnale politico inequivocabile.

Le accuse di Washington e il ritorno alla dottrina della forza

L’amministrazione Trump ha rilanciato le accuse contro Nicolás Maduro, definendolo “un presidente che protegge i cartelli della droga”. Secondo Washington, il traffico di cocaina e di altre sostanze stupefacenti verso il Nord America avrebbe trovato nel territorio venezuelano una piattaforma sicura, con il diretto coinvolgimento delle forze armate bolivariane. Da qui l’autorizzazione a intensificare le operazioni navali nel Mar dei Caraibi e a colpire, anche in acque internazionali, le imbarcazioni sospettate di trasportare droga. È un passo che segna la svolta più muscolare della politica estera americana nell’area dal tempo delle crisi degli anni ’80. Il senatore repubblicano Lindsey Graham, tra i più vicini a Trump, ha dichiarato che “non si può escludere l’opzione di raid terrestri” contro basi logistiche dei cartelli in territorio venezuelano. Parole che hanno fatto il giro del mondo, spingendo molti analisti a evocare lo spettro di una nuova operazione militare nel continente sudamericano.

La risposta di Maduro e il rischio escalation

Da Caracas la reazione non si è fatta attendere. Nicolás Maduro ha accusato Trump di “cercare un pretesto per scatenare una guerra contro il Venezuela”, denunciando l’arrivo della USS Gravely come “una provocazione deliberata”. Il presidente venezuelano ha mobilitato la milizia bolivariana e convocato il Consiglio di Difesa della Nazione, annunciando che “ogni tentativo di violare la sovranità sarà respinto con la forza”. La propaganda governativa parla apertamente di “guerra psicologica e militare” e invita la popolazione alla “vigilanza rivoluzionaria”. I media vicini al governo bolivariano hanno mostrato immagini di navi e velivoli venezuelani impegnati in esercitazioni difensive al largo di Puerto La Cruz e dell’isola di Margarita.

Gli equilibri internazionali e le incognite del diritto

La presenza americana nelle acque caraibiche riapre una vecchia ferita nella diplomazia regionale. Alcuni governi dell’area, come Cuba e la Bolivia, hanno espresso solidarietà al Venezuela, mentre i Paesi della Comunità caraibica (Caricom) hanno chiesto “moderazione e rispetto della sovranità nazionale”. L’Organizzazione degli Stati Americani si è riunita d’urgenza a Washington per discutere la legittimità dell’operazione. Diversi esperti di diritto internazionale sottolineano che eventuali attacchi in territorio venezuelano costituirebbero una violazione del diritto internazionale, a meno che non vengano autorizzati dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU o giustificati da un atto di difesa immediata. Tuttavia, la Casa Bianca sembra pronta a invocare la “lotta al narcotraffico” come causa sufficiente per un’azione preventiva.

Uno scenario ad alta tensione

Il Venezuela, già provato da una crisi economica e sociale senza precedenti, si trova ora a fronteggiare una minaccia esterna che potrebbe destabilizzare ulteriormente l’intera regione. Per gli Stati Uniti, la posta in gioco è duplice: il controllo delle rotte del narcotraffico e la riaffermazione della propria influenza geopolitica in Sud America, in un contesto dove Cina e Russia sostengono apertamente il governo di Caracas. Le prossime settimane saranno decisive. Se la USS Gravely dovesse restare nell’area e altre unità americane unirsi alla missione, il rischio di un incidente o di una provocazione reciproca diventerebbe altissimo. E un’eventuale escalation potrebbe trasformare il Mar dei Caraibi nel nuovo epicentro della tensione mondiale.