Uragano Melissa devasta la Giamaica: venti a 298 chilometri orari

L'evento più potente mai registrato sull’isola ha toccato terra tra St. Elizabeth e Clarendon

Classificato di categoria 5 sulla scala Saffir-Simpson, ha provocato inondazioni, blackout e almeno una decina di vittime. Le autorità locali parlano di danni “catastrofici”, mentre l’attenzione si sposta ora su Cuba e Bahamas

È comparso il 16 ottobre sopra l’Atlantico come una tempesta tropicale, ma in pochi giorni si è trasformato in un mostro atmosferico. Melissa ha raggiunto la massima potenza a ridosso della Giamaica, con venti superiori ai 290 chilometri orari e una pressione barica di 892 millibar, valori che la collocano tra le tempeste più violente mai osservate nel bacino caraibico. Il meteorologo statunitense John Morales, in diretta per una tv della Florida, ha ricevuto il bollettino del National Hurricane Center con voce rotta dall’emozione: «Ora viaggia a 180 miglia orarie… Oh, Gesù. Va bene, cercherò di mantenere la calma».

Giamaica in ginocchio

Melissa è approdata sulla costa meridionale nei pressi di New Hope, nella parrocchia di St. Elizabeth, per poi spostarsi lentamente verso l’interno. La sua lentezza ha moltiplicato gli effetti delle piogge torrenziali: fiumi esondati, colline franate, centri abitati isolati. A Kingston e Clarendon migliaia di edifici sono rimasti senza tetto, mentre l’intera rete elettrica dell’isola è collassata per oltre un terzo della popolazione. L’acqua potabile è contaminata, gli ospedali funzionano a generatori, e la comunicazione con molte aree rurali è ancora impossibile.
Le autorità hanno confermato almeno dieci vittime, ma il bilancio resta provvisorio. Il ministro per la gestione dei disastri, Desmond McKenzie, ha lanciato un appello durissimo: «Non scommettete contro Melissa, è una scommessa che nessuno può vincere».

L’emergenza a Cuba e il rischio Bahamas

Mentre la Giamaica conta i danni, l’uragano ha proseguito la rotta verso ovest, diretto alle province orientali di Cuba. Quasi 900 mila persone sono state evacuate da Guantánamo, Santiago de Cuba e Holguín, dove si attendono venti fino a 345 chilometri orari. La Marina statunitense ha ordinato al personale della base di Guantánamo di rifugiarsi nei bunker con scorte di cibo e acqua per tre giorni.
Le Bahamas, più a nord, restano in stato d’allerta: le previsioni indicano un passaggio del fronte entro le prossime 48 ore, con mareggiate e piogge torrenziali che potrebbero provocare inondazioni estese.

Il volto del cambiamento climatico

Gli esperti del National Hurricane Center collegano l’eccezionale potenza di Melissa al riscaldamento anomalo delle acque caraibiche, superiori di 2-3 gradi alla media stagionale. Questo surplus termico fornisce carburante aggiuntivo alle tempeste, che si intensificano più rapidamente e raggiungono categorie estreme in tempi record. Nel 2025, l’Atlantico ha già registrato tre uragani di categoria 5, un numero mai osservato prima. Per gli studiosi si tratta di un segnale inequivocabile: i fenomeni meteorologici estremi stanno diventando più frequenti, più imprevedibili e più distruttivi.

Conseguenze e scenari futuri

Giamaica e Cuba dovranno affrontare ora la fase più delicata, quella post-emergenza: mancano assistenza medica, infrastrutture operative e approvvigionamenti. Le Nazioni Unite hanno annunciato l’invio di squadre di soccorso “non appena le condizioni lo permetteranno”.
Le piogge continueranno almeno fino a venerdì 31 ottobre, con rischio di nuove inondazioni nell’entroterra giamaicano. L’Organizzazione meteorologica mondiale ha già definito Melissa “un evento di riferimento” nella storia dei Caraibi.