Il parlamento israeliano, la Knesset, ha approvato in prima lettura una proposta di legge che prevede l’estensione della sovranità israeliana su parte della Cisgiordania. Una mossa simbolica, promossa da una parte dell’opposizione e sostenuta da alcuni esponenti della destra religiosa, che ha immediatamente provocato la reazione di Washington. Il provvedimento è stato interpretato come una sfida politica diretta nel pieno della visita ufficiale del vicepresidente americano (la foto ritrae una visita ufficiale presso la Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme, davanti alla pietra dell’Unzione, uno dei luoghi più sacri della cristianità). Parlando all’aeroporto di Tel Aviv prima di lasciare Israele, Vance ha usato toni durissimi: «Se questo voto è stato una mossa politica, allora è stata una mossa molto stupida. Mi sento personalmente offeso da questa scelta». Ha poi ribadito che «la politica del presidente Trump è chiara: la Cisgiordania non sarà annessa da Israele». Secondo il vicepresidente, il voto rappresenta un gesto “irresponsabile” che rischia di compromettere gli sforzi diplomatici in corso per consolidare il cessate il fuoco a Gaza e per rilanciare il dialogo israelo-palestinese.
Netanyahu frena: “Iter sospeso”
Dopo le parole di Vance, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha disposto lo stop immediato a ogni ulteriore discussione o avanzamento del testo di legge sull’annessione. Il suo ufficio ha diffuso una nota in cui definisce il voto “una deliberata provocazione dell’opposizione” volta a creare tensioni con Washington durante la visita del vicepresidente americano. Anche il segretario di Stato americano Marco Rubio ha avvertito che un’annessione, anche solo parziale, “metterebbe a rischio il piano di pace” e potrebbe “minare la credibilità degli Stati Uniti nella regione”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, intanto, ha annunciato l’evacuazione dei primi 41 pazienti dalla Striscia di Gaza, mentre continua la consegna di aiuti umanitari sotto la supervisione delle Nazioni Unite.
Trump e la strategia mediorientale
Dagli Stati Uniti, il presidente Donald Trump ha confermato la linea di continuità: «L’annessione della Cisgiordania non avverrà. Puntiamo alla stabilità e alla pace». In un’intervista, ha aggiunto che l’Arabia Saudita potrebbe aderire agli Accordi di Abramo “entro la fine dell’anno”, segnando un passo storico nella normalizzazione dei rapporti con Israele. Trump ha inoltre ricordato che “l’eliminazione del bullo iraniano” – un chiaro riferimento ai bombardamenti sulle strutture nucleari di Teheran e all’uccisione del generale Qassem Soleimani – ha aperto la strada al processo di pace in corso. «Abbiamo tolto all’Iran la capacità di minacciare i Paesi arabi. È grazie a questo che oggi possiamo parlare di accordi e di equilibrio», ha dichiarato.
Gli equilibri regionali
Il voto della Knesset ha mostrato ancora una volta quanto sia fragile il confine tra politica interna israeliana e diplomazia internazionale. Se da un lato l’annessione è sostenuta da alcune frange della destra, dall’altro rischia di compromettere anni di negoziati e di isolare Israele sul piano globale. Per Washington, il messaggio è inequivocabile: nessun passo unilaterale sui territori occupati potrà essere tollerato. Con la pace di Gaza ancora in bilico e la prospettiva di nuovi accordi arabo-israeliani, gli Stati Uniti intendono mantenere la regia politica della regione, impedendo derive che possano riaccendere il conflitto.
