Nella notte di New York, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato la risoluzione presentata dagli Stati Uniti per dare attuazione al piano di pace firmato da Trump per la Striscia di Gaza. Russia e Cina si sono astenute, aprendo la strada a un testo che Washington ha definito “il primo passo concreto per consolidare la pace”. L’ambasciatore americano Waltz ha parlato di un impegno non negoziale ma “orientato a salvare vite umane”, rivendicando il ruolo di guida del suo Paese nella costruzione della stabilità regionale.
Il trionfalismo di Trump e il Board of Peace
Pochi minuti dopo il voto, Trump ha celebrato pubblicamente l’esito, definendolo “una delle più grandi approvazioni nella storia delle Nazioni Unite”. Il presidente americano ha rivendicato la creazione del Board of Peace, organismo chiamato ad amministrare Gaza nei prossimi anni e che sarà guidato da lui stesso insieme a “leader potenti e rispettati nel mondo”. Il tono trionfale della dichiarazione è stato accolto con cautela nelle capitali mediorientali, consapevoli delle reazioni interne e internazionali che seguiranno alla sua nomina.
Un testo riformulato per ottenere il voto arabo
La risoluzione sottoposta al Consiglio recepisce integralmente i venti punti del piano di Trump, dalla transizione del cessate il fuoco alla creazione della Forza internazionale di stabilizzazione, fino al disarmo di Hamas. Hamas l’ha immediatamente respinta, denunciando un regime di tutela internazionale sulla Striscia. Per garantire il voto favorevole dei Paesi arabi, Washington ha introdotto un riferimento esplicito alla possibilità di un percorso verso l’autodeterminazione palestinese, condizionato alle riforme richieste da tempo all’Autorità nazionale palestinese. È un passaggio delicato, che non impegna formalmente Israele, ma offre ai partner arabi una base politica per sostenere il testo.
Il nodo Netanyahu e l’ambiguità del processo
Nonostante l’inserimento del riferimento ai due Stati, molti osservatori dubitano che il percorso possa realmente avviarsi. Il governo di Benjamin Netanyahu resta contrario alla nascita di uno Stato palestinese e ha più volte respinto qualsiasi prospettiva che implichi concessioni territoriali. Senza un cambiamento politico a Gerusalemme, il processo rischia di rimanere sulla carta, e molti Paesi arabi hanno votato la risoluzione più per pragmatismo diplomatico che per reale fiducia nel progetto.
La partita geopolitica e i sospetti su Russia e Cina
Mosca aveva presentato un testo alternativo, più vicino alle posizioni dei Paesi mediorientali, ma non ha opposto il veto. Tra i diplomatici circola l’ipotesi che gli Stati Uniti abbiano aperto spiragli negoziali sul linguaggio della futura risoluzione annuale sull’Ucraina, eliminando alcuni riferimenti chiave all’integrità territoriale di Kiev. Il sospetto è che Washington abbia promesso a Mosca margini sul dossier Crimea in cambio dell’astensione. La Cina, concentrata sull’accordo commerciale appena raggiunto con Trump, non ha ritenuto opportuno entrare nel braccio di ferro.
La Forza di stabilizzazione e i ruoli internazionali
La risoluzione autorizza la creazione di una Forza internazionale nella Striscia, ma molti dettagli restano da definire. Israele si oppone alla presenza di contingenti turchi, mentre l’addestramento della polizia locale potrebbe essere affidato anche all’Italia, attraverso i carabinieri e il Centro di Eccellenza per le Unità di Polizia di Stabilità (CoESPU) di Vicenza. Rimane incerto il profilo della leadership del Board of Peace, sebbene il nome di Tony Blair sia già circolato come possibile guida operativa.
Una pace fragile nel contesto regionale
Le incognite operative e politiche sono numerose e potrebbero minare sia il cessate il fuoco sia la fase successiva. Tuttavia, la risoluzione rappresenta almeno un avanzamento procedurale che permette alla diplomazia internazionale di evitare il rischio di un ritorno immediato alla guerra. Il voto del 18 novembre 2025 fotografa un equilibrio complesso: un passo avanti con molte ombre, ma l’unico possibile nella fase attuale del conflitto.
