Cease-fire del 2025 tra Israele e Hamas: la "fase due" non decolla

Una delegazione del Hamas è arrivata al Il Cairo per colloqui con mediatori internazionali

cease fire del 2025 tra israele e hamas la fase due non decolla

entrato in vigore il 10 ottobre, Israele e Hamas si accusano vicendevolmente di violazioni e il movimento islamista minaccia di interrompere l’accordo

Dal 10 ottobre è in vigore un cessate il fuoco tra Israele e Hamas che ha permesso lo scambio di ostaggi e detenuti e ha aperto la strada a negoziati più complessi. I colloqui in corso al Cairo, alla presenza di mediatori quali l’Steve Witkoff e rappresentanti egiziani e qatarioti, mirano ad esaminare la “fase 2” del piano negoziale statunitense, che prevede tra l’altro una governance – o una gestione transitoria – della Striscia di Gaza su base tecnica e neutra. Secondo fonti egiziane citate, la delegazione Hamas si trova al Cairo per discutere anche la sicurezza post-guerra e la transizione dell’apparato di potere. Negli ultimi giorni, sia Israele che Hamas hanno accusato l’altro di aver rotto la tregua. Hamas, attraverso fonti vicine alla trattativa, avrebbe informato l’inviato statunitense che è “pronta a tornare a combattere” se l’accordo non viene rispettato. Contemporaneamente, la ricerca dei corpi di alcuni ostaggi morti rimane in corso nella Striscia di Gaza: ciò alimenta ulteriori tensioni attorno alla fiducia nel processo di scambio e di rilascio. Dal canto suo, Hamas – tramite il portavoce Izzat al Rishq – ha dichiarato che il movimento sta sollecitando i mediatori affinché esercitino pressione su Israele per l’applicazione dell’accordo siglato a Sharm el-Sheikh il 13 ottobre. 

Impatti regionali e scenari futuri

La missione egiziana e qatariota al Cairo segnala che il conflitto israelo-palestinese resta al centro della diplomazia mediorientale: un eventuale fallimento della fase 2 metterebbe a rischio la tregua e la già fragile pace temporanea. Inoltre, la governance della Striscia di Gaza è messa sotto esame: la proposta di una supervisione tecnica o di un’autorità transitoria — che escluda o limiti il ruolo diretto di Hamas — rappresenta un grosso cambiamento nella direzione del conflitto. In questo contesto, la pressione statunitense appare rivolta a far avanzare il piano negoziale, ma la diffidenza tra le parti – in particolare da parte di Hamas sul controllo dei propri apparati – resta un elemento destabilizzante. La delegazione di Hamas al Cairo è un tassello importante nel tentativo di far avanzare un accordo che vada oltre la mera tregua. Tuttavia, la situazione rimane molto fragile: le accuse reciproche di violazione, i ritardi nel rilascio degli ostaggi e l’incertezza sulla governance futura della Striscia di Gaza rappresentano ostacoli significativi. Se la fase 2 non verrà avviata in tempo, la tregua rischia di sgretolarsi.