NAPOLI – La causa degli sciami sismici che stanno interessando i Campi Flegrei è da ricercarsi in un vasto sistema di faglie tettoniche, e non in una significativa risalita di magma. È la conclusione di uno studio internazionale pubblicato su Science, che per la prima volta ha applicato l'intelligenza artificiale all'analisi di oltre 50.000 terremoti registrati nell'area tra il 2022 e la metà del 2025. La ricerca, condotta da Stanford University, INGV-Osservatorio Vesuviano e Università Federico II di Napoli, offre una mappa dettagliata dell'«unrest», la fase di inquietudine vulcanica che sta coinvolgendo una delle caldere più pericolose al mondo e le sue densamente popolate periferie di Napoli e Pozzuoli.
Grazie a sofisticati algoritmi di intelligenza artificiale sviluppati a Stanford e addestrati sul catalogo sismico dell'INGV, i ricercatori hanno creato un catalogo sismico ad altissima definizione. Questo ha permesso di identificare con precisione l’origine e la profondità di ogni evento, scoprendo che la quasi totalità della sismicità è di natura tettonica e concentrata nei primi 4 chilometri della crosta terrestre, senza evidenze di movimenti magmatici in profondità.
Il corpo centrale della ricerca ha portato alla luce un imponente sistema di faglie ad anello che circonda l'area in sollevamento della caldera, estendendosi sia sulla terraferma che nel Golfo di Napoli. "Per la prima volta siamo riusciti a identificare sulla terraferma, vicino a Pozzuoli, faglie specifiche e ben definite", spiega Warner Marzocchi dell'Università Federico II. "Questa scoperta – prosegue – è cruciale per sviluppare stime più precise della pericolosità sismica in un'area così vulnerabile".
L'unica eccezione a questa origine puramente tettonica è stata registrata in una zona ristretta, a meno di un chilometro di profondità vicino al duomo lavico di Accademia. Qui, gli scienziati hanno individuato eventi sismici "ibridi". "Questi eventi nascono dall'interazione tra roccia, fluidi e gas durante una frattura. Le nostre analisi indicano che i fluidi in questione sono di tipo idrotermale, non magmatici", chiarisce Anna Tramelli, ricercatrice dell'INGV.
Il nuovo sistema di analisi basato sull'AI non è solo uno strumento di ricerca retrospettiva. È già operativo e, come sottolinea il team, potrebbe presto diventare la pietra angolare del monitoraggio in tempo quasi reale, in grado di captare anche i più sottili cambiamenti nel comportamento del supervulcano e fornire allerte più tempestive alla Protezione Civile.
Mentre il suolo continua il suo lento rigonfiamento, la scienza compie un decisivo passo avanti, sostituendo il timore dell'ignoto con una mappa dettagliata del pericolo. La sfida ora non è solo comprendere, ma prevedere.
