Napoli, occupazioni studentesche in solidarietà con la Palestina

Al Mercalli la preside chiude per motivi di sicurezza

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Napoli.  

Una città che si sveglia ogni giorno tra scuole chiuse e striscioni ai balconi. Dai corridoi del liceo Umberto alle aule del Lucrezio Caro, la protesta studentesca non si ferma: un movimento che mescola solidarietà internazionale, critica sociale e richiesta di ascolto.
Questa mattina nuovi istituti hanno aderito alle occupazioni: tra questi lo storico liceo Umberto I e il Lucrezio Caro di via Manzoni, che si aggiungono al lungo elenco di scuole già coinvolte, tra cui il Vico, il Margherita di Savoia, il Casanova, il Genovesi, il Diaz, l’Artemisia Gentileschi e il Santissimi Apostoli.

La decisione del liceo Mercalli: scuola chiusa per sicurezza

Situazione diversa al liceo scientifico Giuseppe Mercalli, dove la dirigente Daniela Paparella ha deciso di chiudere preventivamente la scuola per motivi di sicurezza e ordine pubblico.
Secondo una nota diffusa sul registro elettronico, nei pressi dell’istituto sarebbero stati notati soggetti esterni alla comunità scolastica intenzionati a occupare la scuola.
La preside ha quindi disposto la chiusura “a tempo indeterminato”, precisando che la misura è stata presa per tutelare studenti e personale.

Gli studenti hanno espresso amarezza e disaccordo per la decisione:

“I soggetti indicati nella nota erano solo ex studenti che condividono con noi la causa palestinese. Nessuna minaccia, nessun rischio. È un’ingiustizia che limita il diritto allo studio”,
ha dichiarato uno dei rappresentanti del collettivo studentesco del Mercalli.

Il sostegno dei docenti del liceo Vico e Genovesi

In risposta all’occupazione del liceo Vico e del Genovesi, i docenti hanno diffuso una lettera aperta di sostegno morale agli studenti, riconoscendo il valore del loro impegno civile.

“Esprimiamo il nostro rifiuto verso l’uso della forza come strumento di risoluzione dei conflitti tra gli Stati”,
scrivono gli insegnanti, denunciando “il rischio di una nuova guerra mondiale e la violazione dei diritti umani”.

I professori, pur condividendo le ragioni della protesta, hanno invitato gli alunni a tornare in classe, proponendo di trasformare il dissenso in un percorso di riflessione e dialogo.
L’obiettivo – si legge nella lettera – è rendere la scuola “una palestra di convivenza democratica e promotrice di cultura della pace”.

Le motivazioni dei collettivi studenteschi

Gli studenti del Lucrezio Caro hanno diffuso un comunicato in cui spiegano le motivazioni politiche e sociali alla base dell’occupazione:

“Ci uniamo al grido degli student?, perché di fronte a un genocidio in diretta non si può voltare lo sguardo. Non è un gesto impulsivo, ma una scelta consapevole e politica.”

Nel documento si denunciano anche le criticità strutturali della scuola e la scarsa gestione dei fondi pubblici:

“Le pessime condizioni del nostro edificio e la mancanza di sicurezza sono un simbolo del degrado dell’istruzione pubblica.”

Verso la manifestazione del 18 ottobre

La protesta, partita da pochi istituti, si è rapidamente trasformata in una mobilitazione cittadina.
Sui social, i collettivi studenteschi napoletani hanno lanciato l’appuntamento per venerdì 18 ottobre, quando un corteo partirà da piazza Garibaldi per attraversare la città.

Gli organizzatori spiegano:

“Occupiamo perché vogliamo giustizia e un vero accordo di pace, non un semplice cessate il fuoco. Non accettiamo il silenzio né la complicità dei governi occidentali.”