False ricette per avere i rimborsi Asl: truffa da 80mila euro

Il caso a Napoli

 

di Simonetta Ieppariello

Esami mai effettuati, prescritti su ricette rubate, e pagati dal Servizio Sanitario Nazionale. Un sistema ingegnoso che sarebbe stato messo in piedi dall'assistente di un medico e dall'amministratrice di un laboratorio di analisi convenzionato, che avrebbe causato un buco da 80mila euro. Una inchiesta destinata ad allargarsi e che potrebbe rivelare nuovi scenari e far saltare fuori i nomi di altre persone: i militari stanno accertando se, oltre alle due donne, fossero coinvolti anche alcuni pazienti che avrebbero accettato di farsi prescrivere le finte analisi in cambio di denaro. Le indagini sono cominciate nel 2015. L’azienda sanitaria locale aveva chiesto accertamenti su un medico e sulle ricette emesse dallo stesso per pazienti anziani, per esami genetici e molecolari che risultavano essere stati effettuati presso un centro di un quartiere del napoletano per un importo superiore a 100mila euro. Ma il professionista non sapeva nulla di quegli esami.

Secondo le indagini le due donne sottraevano ricette «in bianco» da uno studio di un medico di base di Napoli. Poi, in un centro diagnostico, dopo averle compilate, sottoscritte e corredate di pareri medici specialistici - tutto falso e ai danni di ignari pazienti e medici - inviavano le ricette all'Asl di Napoli per ottenere rimborsi per prestazioni che in realtà non venivano mai eseguite. È così che due donne hanno messo in atto una vera e propria truffa al sistema sanitario: 80mila euro il danno calcolato all'erario. Per le due donne sono scattati i domiciliari; disposto anche un sequestro.

Secondo quanto accertato dai carabinieri della stazione di Napoli-Posillipo, durante il 2016 le due donne - un'ex assistente di un medico di base e un'amministratrice di un centro diagnostico - sono riuscite ad ottenere rimborsi per prestazioni inesistenti. Sottratte, dall'assistente del medico, numerose ricette «in bianco» dallo studio di un medico di base di Napoli; poi l'amministratrice provvedeva a inviarle all'Asl: gli esami «mai effettuati» erano selezionati tra quelli più costosi, così che agli ignari pazienti risultavano essere stati effettuati delicati e approfondite indagini molecolari.

Contestualmente alla misura cautelare personale si è dato esecuzione al sequestro di beni per equivalente nei confronti dell'indagata amministratrice e legale rappresentante del centro diagnostico per il quale è stata avviata la procedura per la sospensione della convenzione in atto con il sistema sanitario nazionale.