Trovato il corpo di Tarantino vittima della faida dei ras

Dopo due anni il macabro rinvenimento. Intanto a Forcella è guerra aperta

IL parroco: meglio la vecchia camorra, i nuovi camorristi? Sono cani sciolti, senza controllo, che pero' qualche accalappiacani alle spalle forse ce l'hanno. Per loro fare le stese è come andare alla scuola calcio.

 

di Simonetta Ieppariello

Uccisi, sepolti, ufficialmente scomparsi. Storie di sangue e camorra, di delitti di lupara bianca, quelli della faida di Scampia che sembra non avere fine e rinnovarsi in nuovi capitoli di morte e violenza.  E appartiene a Davide Tarantino il cadavere rinvenuto ieri, in un terreno agricolo sotto un mucchio di rifiuti di Melito vittima del feroce scontro interno al clan scissionista Amato-Pagano. Tarantino era scomparso nel nulla la sera del 25 febbraio del 2016, con un amico mai più ritrovato, Antonio Ruggiero.

Due giorni dopo la scomparsa gli agenti del commissariato di Giugliano ritrovarono la sua auto, una Panda blu, chiusa a chiave e lasciata in sosta nei pressi del vecchio ingresso dello stadio remiero del Lago Patria.   

Si sarebbe arrivati alla macabra scoperta, attraverso le indicazioni di un informatore, un collaboratore di giustizia. Tarantino era ritenuto ex fedelissimo del gruppo guidato da Mario Riccio, era un pusher nella piazza di spaccio della 219 di Melito. La stessa piazza finita al centro della faida interna del clan Amato Pagano con i Canciello, perchè Rosaria, la donna boss, aveva affidato ad un ras delle Salicelle la guida di quel market della droga così fiorente per il business.

La faida, la lupara bianca

E la morte di Tarantino si inserisce in quegli scontri. A combattere per la gestione dell’affare illecito il clan Amato-Pagano da una parte e gli scissionisti dello stesso cartello, dall’altra. Le due cosche storicamente legate e imparentate si divisero il territorio.

Intanto oggi la guerra tra clan attraversa anche il centro di Napoli. Si torna a sparare a Forcella e a rimanere ferito nell’agguato è stato un innocente un ragazzino di 13 anni, finito sotto pioggia di fuoco dei sicari arrivati per uccidere.

Una nuova paranza vuole scardinare l’egemonia del vecchio clan per il controllo delle piazze di spaccio di kobret, marijuana e hashish del centro storico.

Il prete: meglio la vecchia camorra

E sulla follia di stese e raid intimidatori interviene il parroco che dice: ”Non è normale uscire per un caffè e trovarsi con una pallottola addosso; purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che normale non è. Il problema non è il singolo episodio, il punto è capire che siamo all'emergenza e invece non ci si meraviglia più di niente perche' si considera normale qualcosa che normale non è". Così don Angelo Berselli, da dodici anni parroco di San Giorgio ai Mannesi, commenta il raid di avvenuto in Via Pietro Colletta, a Napoli, nel quale è rimasto ferito un ragazzino di 13 anni. "C'e' stata una involuzione della cosiddetta vecchia camorra. É un azzardo parlare di criminalità organizzata. Sono cani sciolti, senza controllo, che pero' qualche accalappiacani alle spalle forse ce l'hanno. Per loro fare le stese è come andare alla scuola calcio. Cercano di mettersi in mostra per scalare posizioni e diventare titolari in serie A". Poi ci sono le responsabilità delle istituzioni: "Non bastano gli interventi a spot, serve continuità. Serve un maggiore controllo del territorio".