Non c'è spazio per l'ipotesi dell'incidente o della fatalità. L'omicidio di Pasquale Nappo, il diciottenne falciato da un colpo di pistola all'ascella sabato notte in piazza Pace, aveva tutte le caratteristiche di un agguato premeditato. A confermarlo è l'inasprimento delle indagini, passate ora nelle mani della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Il pool anticamorra, coordinato dal procuratore aggiunto Sergio Ferrigno e dal pm Valentina Sincero, sta ricostruendo il movente dell'omicidio, che sarebbe avvenuto avvenuto in un contesto di faide locali.
In carcere, dopo la convalida dei fermi, sono finiti i due presunti esecutori materiali: Antonio Bruzzese, 22 anni, e G. E. 17enne della zona di Torre Annunziata, difesi dall'avvocato penalista Mauro Porcelli. La loro dinamica sarebbe stata rapida e brutale: in sella a uno scooter, hanno raggiunto il gruppo di ragazzi in cui si trovava Nappo e hanno aperto il fuoco. L'obiettivo, stando alle ultime acquisizioni investigative, non era un singolo individuo, ma il gruppo avversario nel suo insieme. A farne le spese, per un colpo letale, è stato Pasquale Nappo, operaio specializzato incensurato.
Le indagini della Dda stanno ora cercando di ricostruire le ragioni profonde del conflitto, verosimilmente legato a giri di spaccio o a dinamiche di potere camorristiche nel territorio di Boscoreale e Scafati. Viene così a cadere, per mancanza di riscontri, la pista iniziale dell'errore di persona, sostenuta dal padre della vittima.
La scelta di far intervenire la Dda segnala la gravità del caso e il suo probabile radicamento in contesti criminali organizzati.
Tutto è cominciato una settimana fa con una lite
I due, difesi dall'avvocato Mauro Porcelli, avrebbero ammesso di aver sparato per "vendicarsi" di una lite avvenuta circa una settimana prima, un alterco che sarebbe poi sfociato in un'aggressione. Entrambi, però, hanno tenuto a precisare la loro versione dei fatti: l'obiettivo non era uccidere.
Le indagini dunque proseguono su un doppio binario. Da un lato c'è la ricostruzione dei due giovani, che parla di una rissa degenerata. Dall'altro, il contesto più ampio in cui si muove l'inchiesta, affidata anche alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Gli investigatori, infatti, ritengono che l'omicidio sia avvenuto in un contesto camorristico e che Pasquale Nappo fosse considerato vicino ad ambienti dello spaccio.
Mentre la Dda cerca di far luce sulle reali dinamiche e sul movente dell'omicidio, la città di Scafati si stringe attorno alla famiglia di Pasquale, un ragazzo come tanti, la cui vita è stata stroncata da una violenza che, al di là delle ricostruzioni, ha ancora troppe domande senza risposta.
Il sindaco Aliberti: "cosa potevamo fare"
"La tragica morte del giovane Pasquale Nappo, appena diciottenne, ci sconvolge e ci fa rabbia. Pasquale, residente a Scafati, ha perso la vita in una notte di violenza nella vicina Boscoreale, una violenza che non può e non deve appartenere ai nostri territori e ai nostri figli. Tante sono le domande che ci poniamo, la prima in assoluto è "cosa potevamo fare?". Così in una nota stampa il sindaco di Scafati Pasquale Aliberti.
"Di fronte a un episodio così grave, non possiamo restare in silenzio. Serve una reazione corale dalle famiglie alle istituzioni, dalla scuola alle parrocchie, ciascuno deve fare la propria parte. Serve anche una maggiore presenza dello Stato e delle Forze dell’Ordine, perché la sicurezza dei cittadini è un diritto che va garantito, ogni giorno e in ogni comunità. Mi preoccupa, in questo senso, il futuro del nostro reparto della Tenenza dei Carabinieri: il Tenente Esposito è prossimo alla pensione e mentre ci battiamo da anni affinché si possa avere una elevazione a Compagnia, mi giungono voci di una possibile assegnazione al reparto di un Luogotenente al posto di un Ufficiale che va attribuito invece ad una Tenenza. Su quanto accaduto a Pasquale mi auguro si faccia al più presto luce ma solo insieme, con responsabilità e coraggio, potremo restituire ai nostri ragazzi la speranza di vivere in una terra libera dalla paura e capace di offrire opportunità invece che lasciare ad esempio che la criminalità organizzata conquisti le vite dei nostri giovani.
Perchè ogni volta che un giovane cede al suo reclutamento è il fallimento della comunità intera. La rete tra scuola, famiglia, Chiesa e istituzioni serve proprio formare coscienze capaci di dire “no” a certe situazioni devianti" conclude il sindaco.
