La 24esima di serie A della stagione 2024-2025 si apriva (finalmente) con una certezza: il Napoli era primo in classifica in solitaria e con 3 punti di vantaggio sulla seconda (la predestinata Inter).
La stessa formazione azzurra poteva godersi questo traguardo addirittura gravandolo del rimpianto che i punti di vantaggio non erano 5 solo in virtù di una gestione scellerata del vantaggio maturato qualche ora prima all'Olimpico contro la Roma e di un errore tanto tecnico quanto tattico perpetrato nei minuti finali di quella sfida. Insomma, a tante chiacchiere erano seguiti solo ed esclusivamente i fatti e questi ultimi avevano sancito che gli azzurri erano primi senza se e senza ma e che, con "solo" 15 partite (qualcuno di sicuro userà prima o poi il temine roboante di "finali") ancora da giocare, doveva gettare il cuore oltre l'ostacolo e provare a fare la maggior quantità di punti possibili, per tirare le somme di una stagione che (ora più che mai) appariva come la vera spartiacque tra passato e futuro della SSC Napoli, con o senza Aurelio De Laurentiis.
Mai come ora si capiva il significato delle parole spesso usate da Antonio Conte durante le conferenze stampa di questo scorcio di campionato, quando ripeteva quasi ossessivamente di "mettere fieno in cascina". Era questo il momento di far pesare quanto messo - talvolta anche a fatica - tanto giudiziosamente da parte, per spiccare il volo, ora che i fatti ne davano l'opportunità. Era questo il tempo di far valere le lezioni apprese dal campo e dalla storia per dimostrare quanto si voleva e quanto (soprattutto) si valeva. E la sconfitta dell'Inter a Firenze per 3 a 0 nel recupero di campionato contro una Fiorentina ridotta all'osso (solo 13 uomini della prima squadra disponibili tra schierati e panchinari) poteva rappresentare un ulteriore utile insegnamento oltre che un inaspettato stimolo a credere nella vittoria finale. Non mi sto certo riferendo allo "scudetto perso in albergo" dal Napoli, proprio in quella Firenze che poi seppellì le ultime residue speranze azzurre con un risultato esattamente sovrapponibile a quello oggi patito dall'Inter - per qualcuno segno di un "destino" che restituisce agli azzurri quanto "ingiustamente" carpito qualche anno fa - bensì al fatto che se c'è un problema nel Napoli è quello di essere a corto di uomini, oggi più che mai. Così per gli azzurri era giunto il tempo di raccogliere il suo manipolo di ragazzi e andare in guerra, giovani e fieri, perché talvolta i sogni si realizzano con l'umiltà e l'unione prima che con la "politica" e i soldi.