Le mani della camorra sul gioco d'azzardo. Anche on line

Affari d'oro per i clan. I 4 sistemi utilizzati dai criminali. I portali che non vi faranno mai vi

L'acquisto dei biglietti vincenti per riciclare denaro. La diffusione sempre più estesa dell'usura e i giocatori compulsivi

di Luciano Trapanese

Una volta si diceva: le mafie non trattano gioco d'azzardo e prostituzione. Il motivo? Una improbabile questione morale. Non era vero, anzi: di camorristi, 'ndranghetisti e mafiosi appassionati di tavolo verde e cavalli è piena la storia criminale. Ed è ancora meno vero oggi. Anche il mercato illegale del sesso a pagamento non è distante dagli interessi dei clan. Ma di questo parleremo in un'altra occasione.

Il business del gioco è d'oro, esteso, multiforme e in alcuni casi anche difficilmente controllabile. I clan si muovono in un contesto apertamente illegale, paralegale, lecito. E on line. Di tutto di più.

I dati della commissione antimafia sono chiari. Le indagini della Dda disegnano un quadro preoccupante. Esteso in tutta la Penisola. Ma attivo soprattutto al sud.

Un giro d'affari in nero da otto miliardi e seicento milioni di euro l'anno. Più il denaro che affluisce nelle tasche del crimine organizzato con attività apparentemente lecite. Senza contare la possibilità di riciclare soldi sporchi (guadagnandoci di nuovo), e inserendo nelle attività anche l'altro affare gemello: l'usura.

La Campania è una delle centrali operative per il gioco d'azzardo illegale. Salerno e Napoli in particolare. Poi Caserta, con i Casalesi che hanno investito risorse importanti per entrare nel “gioco”. Rende più della droga, come si diceva un tempo per gli affari legati all'emergenza rifiuti.

Sono quattro le modalità che consentano ai clan di fare soldi con il gioco d'azzardo.

La prima è la più classica, ma forse anche la meno remunerativa e la più rischiosa: le estorsioni nei confronti dei titolari di sale gioco.

La seconda: imporre le macchinette di videopoker ai commercianti che operano nel territori gestiti dai clan.

La terza: la possibilità di infiltrarsi direttamente nella gestione dei punti scommesse e delle sale gioco, sia intestandole a prestanome, sia partecipando alle società che hanno ottenuto una regolare concessione.

La quarta: la raccolta e la gestione su piattaforme illegali di scommesse sportive grazie a siti internet dislocati in Paesi stranieri – che sono privi di concessione in Italia -, e permettono proprio per questo di giocare in violazione di tutte le normative vigenti.

Quattro modalità, via via più complesse. E che segnalano anche la capillare presenza del crimine organizzato nell'affare del gioco d'azzardo. Ma anche l'evoluzione dei clan: dal tradizionale contesto “dammi i soldi o ti brucio il locale”, alla gestione transnazionale di portali web con sedi all'estero.

Oltretutto l'espansione ormai costante e quasi esplosiva del gioco legale, fa da apripista anche per quello illegale. Anzi, lo potenzia. Amplia la platea dei “clienti”, che vengono poi attirati da offerte illecite, molto simili a quelle regolari, ma assai più vantaggiose (cambiano le quote, le modalità di pagamento, il guadagno in nero). Ma non solo: chi perde – e capita spesso, poi vi diremo perché - diventa vittima anche degli strozzini (consegnando altri soldi ai criminali).

Questo circuito è attivo soprattutto nelle province più povere d'Italia. Lo confermano i dati: nelle 25 città dove è più alta l'incidenza dei soldi spesi in scommesse rispetto al reddito, undici sono del Sud, cinque del centro sud, cinque del centro, tre del centro nord e quattro del nord.

Quindi slot machine (spesso imposte e ancora più spesso taroccate: per far perdere chi gioca e per sfuggire alle verifiche e quindi anche alla tassazione), scommesse, raccolte anche in bische clandestine, gioco on line. Ma pure altro, operazioni elementari, per favorire il riciclaggio: grazie alla complicità di alcuni gestori delle rivendite del Lotto e delle agenzie scommesse, le organizzazioni acquistano con sovrapprezzo i biglietti vincenti delle varie lotterie (anche dei Gratta e vinci). Un sistema facile facile per ripulire i soldi sporchi.

Dunque i boss hanno visto nel gioco d'azzardo un affare d'oro. Fino a quando il mercato sarà in espansione, non ci sarà conflitto tra scommesse legali e illegali. Cosa accadrà dopo? E' la domanda che tormenta investigatori e inquirenti. E per ora resta senza risposta.

La nuova frontiera anche per la criminalità organizzata è il gioco on line. In particolare su siti illegali, che hanno i server in Paesi con fiscalità agevolata. Questi portali per il gioco d'azzardo hanno tutti l'estensione .com (o altre, ma non .it). Si tratta, è chiaro, di un circuito clandestino sul quale è impossibile sia il controllo sia la tracciabilità del denaro. I vantaggi per le organizzazioni sono evidenti, a partire dalla possibilità di riciclare enormi quantità di soldi. Così come sono chiari anche i rischi per i clienti: clonazione della carta di credito o furto dell'identità elettronica.

Un esempio? Magari molto vicino, così vicino che se siete appassionati di gioco forse vi sarà capitato di imbattervi... Una operazione della dda di Salerno ha scoperto un gruppo criminale attivo in tutta la Penisola. Qui, in Campania, c'era il “nucleo pensante” e buona parte degli introiti. Ma la diffusione era capillare anche in Basilicata e Calabria. Con proiezioni internazionali in Canada, Gran Bretagna, Malta e Montenegro. Si scommetteva on line su piattaforme illegali. I siti erano però stati alterati così da rendere impossibile ai giocatori delle vincite apprezzabili. E' stata anche accertata la complicità di commercianti che ospitavano queste piattaforme di gioco raccogliendo le scommesse clandestine.

Il gioco è dunque una questione molto seria. Quello legale sta innescando un aumento esponenziale della ludopatia. Quello illegale cresce accanto, sfrutta i malati di gioco, ricicla grandi somme di denaro e altre ne guadagna con lo strozzinaggio. Un male che macina una cinquantina di miliardi complessivi (legali e no) ogni dodici mesi. Da anni è in continuo aumento e devasta ogni anno la vita di centinaia di migliaia di persone e di altrettante famiglie. Un tumore che cresce dentro questo Paese. E che non si è neppure iniziato a curare.