"Avevo la febbre, stavo morendo e mi massacravano di botte"

L'orrore del genocidio nazista, nelle parole di un ex internato irpino, Mario De Prospo

63° reggimento fanteria, 28sima compagnia di Vercelli, inizia all’età di 18 anni tra raffiche di mitra, maltrattamenti e minacce l’odissea di Mario De Prospo...

Savignano Irpino.  

 

di Gianni Vigoroso

Savignano Irpino, piccolo comune della Valle del Cervaro, al confine tra Campania e Puglia, due regioni da sempre sorelle. Non a caso questa comunità, sotto il regno delle due Sicilie, fino al 1962, anno che qui si ricorda per il  terremoto, portava il nome di Savignano di Puglia.

Attualmente conta oltre 1000 abitanti residenti, una realtà che come nel resto dell’Irpinia ha pagato il suo tributo in termini di spopolamento, ma che negli anni 70 ha toccato anche quota 4000. A vederlo da lontano sembra un presepe, con i suoi due colli ben visibili fino a formare una sella.

E’ da qui che vogliamo raccontarvi la storia di un ex internato nei campi di concentramento nazisti, un militare italiano, Mario De Prospo che di anni oggi ne ha 94.

Sposato con Eleonora 88 anni che porta il suo stesso cognome, padre di due figli residenti a Caserta ed Avellino, l’eroe sopravvissuto all’orrore, vive in questa abitazione di Corso Vittorio Emanuele, dove negli anni ha svolto il suo lavoro di barbiere con amore e passione tanto da conservare ancora oggi gli arredi all’ingresso come un ricordo prezioso. Una storia che grazie alla regista Annarita Cocca ha avuto grande rilievo nel cortometraggio sulla Shoah realizzato nel 2009 dagli alunni della scuola Mancini, guidati dall’allora dirigente scolastico Marco De Prospo.

63° reggimento fanteria, 28sima compagnia di Vercelli, inizia all’età di 18 anni tra raffiche di mitra, maltrattamenti e minacce l’odissea di Mario De Prospo.

“Dopo tredici giorni e undici notti, arrivammo a destinazione in Germania. Da quel campo di concentramento, ci misero poi a lavorare dove si costruivano le bombe. Ci pesavano  e se eri meno di quaranta chili, non ritornavi più a lavoro, ma finivi nei forni crematori. Ho assistito a scene terribili, sempre con un mitra addosso, ricordo che avevo la febbre, stavo malissimo e in una baracca mi massacrarono di botte. Non lo so come  riuscii a salvarmi.”

Ha gli  occhi gonfi di lacrime Mario, nel ricordare il suo miracoloso rientro a casa, dopo 55 giorni terribili, coinciso per una strana coincidenza nel giorno di Sant’Anna, protettrice del paese.

“Appena arrivai a casa, si ribellò il paese, ero irriconoscibile, mia madre Pippinella era a lavoro nei campi e mio padre al salone. Fu un miracolo. E tutti andarono a ringraziare in chiesa a Sant’Anna.”

L’orrore della Shoah è qualcosa che non si potrà mai cancellare. Ci colpisce una dedica a Mario De Prospo, fatta pervenire dai piccoli alunni della scuola primaria savignanese: “La lezione di vita non potrà essere appresa solo dai libri di storia ma va letta nella coscienza morale, nel cuore e nella vita stessa di ogni persona.”