Migranti. «Sprar chiusi per alimentare il conflitto sociale»

Il decreto immigrazione di Salvini prevede la fine dell'unico modello di accoglienza che funziona.

Don Nicola De Blasio: «Favoriranno i Cas, gestiti in modo opaco da coop che pensano solo al business, gli Sprar rappresentano invece un modello positivo di accoglienza e di sviluppo sociale ed economico e contro lo spopolamento».

 

 

di Luciano Trapanese

Nel fallimentare sistema di accoglienza per immigrati c'è una sola iniziativa che funziona: gli Sprar. Centri così bene organizzati da essere diventati un punto di riferimento in Europa. Non sono gestiti da privati, ma dai comuni. Non ci specula nessuno e le comunità che li ospitano sono ben liete di farlo, anche perché portano benefici, lavoro e un futuro anche ai loro giovani (ne scriviamo dopo...). Soprattutto nei piccoli comuni.

Un esempio: a Marzano di Nola, provincia di Avellino, la gente è scesa in piazza, pronta alle barricate per impedire l'apertura di un centro di accoglienza. Due mesi dopo ha accolto con gioia l'apertura di uno Sprar.

Eppure, nel decreto immigrazione, varato dal ministro dell'Interno, quest'unico fiore nella altrimenti malmostosa gestione dell'accoglienza in Italia, verrà reciso. Non si sa bene perché, in virtù di quale ragionamento e per sostituirlo con cosa.

Viene stracciato un modello di successo, che è in funzione in 400 comuni. E che ha dato risultati concreti e importanti proprio sul tema integrazione, facendo convivere senza tensioni, ma con partecipazione, gli ospiti e gli italiani.

«Non vorrei – dichiara don Nicola De Blasio, presidente della Caritas di Benevento e animatore della Rete dei Piccoli Comuni del Welcome -, che dietro questa decisione ci sia una strategia che miri ad alimentare il conflitto sociale rispetto alla questione migranti. I Cas – che al contrario verranno rinforzati - hanno causato questo tipo di problema. Se porti 18, 20 ragazzi in un posto a non far nulla, poi può essere inevitabile che si creino contrasti con la comunità. Oltretutto così si alimenta un business che non pensa neppure per un istante all'accoglienza, ma a come fare soldi. Inutile ricordare che molte coop sono come minimo opache, non hanno esperienza e nessuna voglia di fare integrazione. Di fatto spingono molti di questi giovani nelle mani della criminalità. Amplificando e dando forza all'intolleranza».

Nel decreto Salvini non si parla esplicitamente di «chiusura degli Sprar». Ma di impedire a queste strutture di accogliere oltre ai rifugiati anche i richiedenti asilo. Non è un dettaglio insignificante, significa di fatto azzerare il progetto, e cancellare un presupposto base: quell'unica gestione territoriale che ha garantito l'efficienza e il funzionamento di questi centri.

Ma non solo. Per don Nicola c'è anche un altro punto da mettere in risalto. «Gli Sprar fanno capo ai comuni e quindi all'Anci, non rispondono al ministero dell'Interno. Cosa diversa per i Cas, che sono coordinati dalle prefetture e quindi dal dicastero di Salvini...»

Non proprio un aspetto secondario. Il sistema degli Sprar ha 16 anni. Ma ha avuto un impulso forte solo negli ultimi due, tre anni. Oggi ospita 23mila rifugiati e richiedenti asilo in 400 comuni.

«Molti non conoscono gli Sprar – racconta Don Nicola De Blasio -, ma è un modello di integrazione che prevede anche ricchezza e sviluppo per i territori che li accolgono. Promuove iniziative per i giovani del posto, attività imprenditoriali e integra i migranti che poi decidono di restare nel tessuto sociale, promuovendo l'artigianato e l'agricoltura. Crea ricchezza e sviluppo, soprattutto in comuni, e sono ormai tanti, che rischiano di scomparire a causa di uno spopolamento sempre più rapido».

Ci siamo stati in questi Sprar. In particolare a Chianche e Petruro Irpino. E dovreste andarci, o chiedere alla gente del posto.

A Petruro la presenza dei rifugiati e richiedenti asilo, ha permesso la riapertura delle scuole elementari. Nel centro lavorano molti giovani del paese. E' stata costituita una cooperativa mista per coltivare vigneti e uliveti e dare il via alla produzione di vino e olio. Altrove hanno ripreso forza attività artigianali (con grandi tradizioni), che sembravano destinate a scomparire.

Il paese irpino è citato anche nel Manifesto dei piccoli comuni del Walcome: «Così Petruro Irpino, paese con meno di 200 abitanti residenti, può divenire il centro del mondo, il centro di un cambiamento epocale, in cui piccoli gruppi di migranti possono dare nuova vita a quel territorio rurale che rischia di essere terra di abbandono e di aggressione da parte di un’economia speculatrice che si nutre dell’abbandono del pubblico per circoscrivere spazi di benessere privato».

«Petruro – continua - si riscopre il centro di un cambiamento possibile di politiche di welfare che diventano welcome, accogliendo ogni famiglia indigente in un percorso di uscita dalla povertà, grazie alle nuove norme sul Reddito di Inclusione, accogliendo ogni fragilità sociale con la distribuzione dei Budget di Salute che ridistribuiscono ricchezza e forza nei territori da anni deprivati da un’economia estrattiva che è solita espungere le persone fragili dai territori in cui nascono e crescono per affidarle a centri esterni, grazie ad un’azione che sappia proteggere i luoghi di socializzazione dall’aggressione dell’azzardo, che sappia rispondere a sfide possibili, come lo sviluppo di energie rinnovabili e la strutturazione di migliori connessioni con il web per i suoi abitanti».

Insomma, nel mare nero dell'accoglienza posticcia e per speculatori, gli Sprar rappresentano una indiscussa eccellenza. Uno dei pochi esempi made in Italia su questo tema. Forse non basta. O forse proprio per questo devono essere chiusi.

E' una pessima notizia.