Migrante trova portafogli sull'autobus e lo consegna all'autista

Una storia da raccontare. Protagonista del bel gesto di onestà Babacar Gassama

migrante trova portafogli sull autobus e lo consegna all autista

Al primo posto l'onestò nella vita di Baba, 33 anni, mediatore linguistico culturale allo Sprar di Lacedonia, volto noto ad Ariano Irpino...

Ariano Irpino.  

Ha trovato un portafogli su un pullman dell'Air delle 6.30 proveniente da Ariano Irpino e diretto ad Avellino con all'interno soldi e documenti e lo ha consegnato direttamente nelle mani dell'autista, senza pensarci un solo istante. Protagonista del bel gesto di onestà davvero commovente  Babacar Niag Gassama, per gli amici Baba. Il conducente del bus, Orlando Di Rubbo di Benevento si è subito messo in contatto con l'azienda e dopo aver custodito lungo tutto il viaggio, fino al termine del suo turno di lavoro il portafogli scrupolosamente, lo ha consegnato ai responsabili del deposito Air a Flumeri affinchè potesse essere poi restituito all'avente diritto. 

Un volto noto in Irpinia Baba dopo essersi subito integrato. Molti lo ricorderanno, ha fatto parte dei migranti ospiti nel centro di accoglienza a Camporeale nel 2017 per poi approdare successivamente a Lecedonia, dove svolge il ruolo di mediatore linguistico culturale allo Sprar. Baba che di anni oggi ne ha 33 prima di lasciare il tricolle raccontò in un libro diario la sua odissea.

Riuscì in poco tempo a familiarizzare con la gente di Camporeale, in modo particolare con la straordinaria  famiglia de O Pollastriello, guadagnando stima e fiducia e insieme a lui anche gli altri ospiti del centro.

Un viaggio lungo e tormentato, attraverso il deserto fino alla Libia, da Kolda in Senegal tra violenze atroci  subite, prima di raggiungere le coste italiane e la terra d'Irpinia, l'arianese e la baronia.

Momenti davvero drammatici. La prigionia, i sei giorni trascorsi nel paese di Mouhamar Khadafi. "Era un martedì quando siamo partiti da Sabah per Tripoli, la capitale Libica. Gli Asma boys, gruppi di banditi armati, ci hanno fermati nella città di Benwalid per portarci in una casa abbandonata e isolata dove hanno riunito più di duecento persone in un grandissimo salone. Quel giorno devo aver perso completamente la testa perché davanti ai miei occhi hanno ucciso  tre persone che provavano a scappare.  Ho visto altre tenute in ginocchio con le mani sulla testa e prese a calci nella schiena con grossi scarponi o addirittura frustati con fili elettrici. In questa casa dell’orrore, oltre alla mia sofferenza ho dovuto assistere a terribili scene. Qualcuno ha persino ingoiato una pallottola di banconote, per cercare di nascondere quello che gli rimaneva e che poteva essere utile alla sopravvivenza. In questa orrenda prigione siamo rimasti per sei giorni, senza mangiare. Alcuni per fame mangiavano topi, insetti, paglia e morivano di dissenteria.  Invece di farci mangiare ci picchiavano con regolarità tre volte al giorno, all’ora di colazione, di pranzo e cena per fare in modo da costringerci a chiamare le famiglie perché ci mandassero soldi. Il più delle volte picchiavano i giovani emigranti proprio quando erano a telefono in modo che dall’altra parte, le mamme e i parenti, potessero sentire le grida. Io anche a costo di rimetterci la vita, non ho mai avuto intenzione  di chiamare a casa perché mia madre che è sempre stata preoccupata per me e che sicuramente non aveva il denaro richiesto, avrebbe potuto avere una crisi e morire di paura. Ho sopportato le botte fino alla fine, quando siamo riusciti a scappare.”

Oggi il suo gesto, che è bello raccontare a tutti, in un mondo così cattivo, distratto, egoista e razzista non è altro che una ulteriore dimostrazione di solidarietà, attaccamento e affetto all'Irpinia che lo ha adottato e reso felice dopo tanti orrori. 

Un vita fatta di sacrifici la sua: "Ho sempre lavorato fin da bambino, soprattutto per non sentirmi inutile a me stesso e da quando ho messo piede in questa nazione mi sono reso subito disponibile, a volte senza pretendere neppure di essere pagato, accontentandomi di un regalo, di un pranzo insieme o semplicemente della loro compagnia. Il lavoro è necessario per dare un senso ai nostri giorni, per non farci pensare con angoscia ai familiari e ad una terra così lontana. Rispettiamo il valore dell’ospitalità, lavoriamo insieme per il progresso economico di questa nazione e nel ricordo prima di tutto, di quei nostro bambini, quelle donne, quegli uomini che, partiti insieme a noi con i nostri stessi sogni, non ce l’hanno fatta e hanno perduto tutto, anche la vita."