Ex prefettura: motivazioni di una sentenza che può fare storia

Un vincolo paesaggistico al centro di altre indagini. Ora la Procura ha un precedente importante.

Avellino.  

 

di Andrea Fantucchio 

Un corso d'acqua intorno al quale ruota il presente e il futuro di numerose opere urbanistiche finite nel mirino della Procura avellinese. Le motivazioni della sentenza di abbattimento dell'ex prefettura, emessa dal gup Vincenzo Landolfi, riportano prepotentemente d'attualità il vincolo paesaggistico relativo al torrente San Francesco. Negli ultimi dieci anni sono infatti numerosi gli edifici, costruiti all'interno della fascia dei 150 metri dalle sponde del torrente, a essere finiti nei fascicoli di indagine del pool composto dai magistrati avellinesi, Rosario Cantelmo, Roberto Patscot e Teresa Venezia.

L'ex Prefettura si aggiunge a palazzo Iandolo lungo la rampa di Santa Maria delle Grazie, le “Torri” nei pressi dell'autostazione e alcuni manufatti a Rione Valle. Tutto sempre per quel vincolo che il gup, nel caso della sentenza, ha ritenuto sussistente ribaltando la consulenza del perito Francesco Domenico Moccia che aveva convinto il magistrato, Giovan Francesco Fiore, a disporre il “non luogo a procedere” per gli indagati nell'inchiesta sull'ex Prefettura. Sentenza  impugnata con successo in Cassazione dalla Procura. 

Landolfi ha ritenuto errato l'assunto della difesa che considerava l'area assimilabile a una zona territoriale di tipo B e quindi non sottoposta al vincolo paesaggistico contestato. Ha poi smentito quanto sostenuto da Moccia in relazione alla non applicabilità della norma riferita ad aree che, al 6 settembre 1985, “ricadevano nei centri edificati perimetrati” nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici (ai sensi del decreto ministeriale 144/1968). Secondo la sentenza le deroghe indicate dal perito vanno considerate “eccezionali e non suscettibili di interpretazione analogica”: la loro applicazione  va quindi limitata alle ipotesi espressamente regolate dalle norme stesse. Assunto già sostenuto dal procuratore Patscot nel ricorso vinto in Cassazione contro il non luogo a procedere deciso da Fiore. Inoltre il giudice precisa che la deroga, per essere valida, debba tener conto della certezza che l'area dell'intervento sia compresa nel perimetro del centro edificato: elemento che non sarebbe stato verificato. Infine il magistrato condivide la ricostruzione del consulente dell'accusa, l'architetto Antonio Verderosa, per il quale la zona indicata come D nel piano regolatore sarebbe al massimo assimilabile a un'area C (di espansione) e quindi comunque soggetta al vincolo contestato.

La sentenza sarà probabilmente impugnata in Appello. Ma è chiaro che la vicenda dell'ex prefettura rappresenta solo l'emblema di due visioni contrapposte: da un lato gli inquirenti che partono dalla sussistenza del vincolo dall'altra le difese che sostengono invece il contrario, ritenendo fra le altre cose l'irrilevanza paesaggistica del “San Francesco” tombato da oltre 50 anni nonostante la sua formale iscrizione egli elenchi delle acque pubbliche.