Pale eoliche incendiate per il pizzo: 4 indagati scarcerati

Il Riesame ha accolto il ricorso presentato dai difensori degli indagati.

L'indagine è focalizzata su un presunto racket nato intorno all'eolico. Una serie di danneggiamenti agli impianti che dovevano servire, secondo gli investigatori, a costringere gli imprenditori a pagare il pazzo.

Bisaccia.  

 

di Andrea Fantucchio 

I giudici del Riesame di Napoli hanno scarcerato quattro indagati coinvolti nell'inchiesta sul presunto racket dell'eolico in Alta Irpinia. Hanno lasciato il carcere Raffaele Magistris, Davide e Marco Lacerenza, difesi dall'avvocato Carmine Ruggiero. Revocato l'arresto, ma resta in carcere per un altro reato, Cristofaro Aguilar. I quattro, con la complicità di imprenditore di Bisaccia finito ai domiciliari, erano accusati di aver danneggiato alcuni impianti di energie rinnovabili per chiedere soldi agli imprenditori. E non avrebbero agito da soli. Questo almeno è quanto emerge dall'ordinanza di applicazione delle misure cautelari firmata dal gip, Vincenzo Landolfi, su richiesta del sostituto procuratore, Fabio Massimo del Mauro. In alcune intercettazioni, raccolte dai carabinieri di Sant'Angelo dei Lombardi guidati dal capitano Ugo Mancini, si sentono gli indagati parlare di «infami». Per gli inquirenti proprio dei complici da identificare.

Una versione diversa quella offerta oggi dalla difesa. L'avvocato Ruggiero, per la posizione di Magistris, ha citato un'intercettazione nella quale l'uomo, parlando con una familiare, respinge tutte le accuse per le quali è stato indagato. E la donna commenta spiegando di come qualcuno lo abbia « infamato». Inoltre il difensore ha focalizzato la sua arringa sulla localizzazione offerta dalle celle telefoniche. E ha dimostrato come il suo assistito, durante uno dei danneggiamenti contestati, si trovasse a Vallata e non a Bisaccia dove sono accaduti i fatti. Attenzione puntata anche su dei video che riprendono gli attentati agli impianti. E nei quali si vedono le braccia di un uomo incappucciato che non hanno tatuaggi. Mentre – ha spiegato il difensore – il suo assistito ha dei tatuaggi vistosi proprio sulle braccia.

La difesa ha sostenuto inoltre come ci fossero una serie di elementi poco univoci nella ricostruzione offerta dagli inquirenti. E alla fine il giudice ha deciso di revocare le misure cautelari.

Nell'indagine un ruolo importante lo hanno giocato dei video che mostrano i danneggiamenti di alcuni impianti. Come a Bisaccia dove, nell'agosto del 2017, gli indagati avrebbero appiccato il fuoco a una pala eolica con liquido infiammabile e copertoni. Per poi chiedere i soldi all'azienda proprietaria dell'impianto. Tre mesi prima, sempre nel comune altirpino, era stato danneggiato un trasformatore elettrico con una catena. Una danno che sarebbe servito a far pressione su una società di energie rinnovabili poi presa di mira anche a Lacedonia: il 23 agosto, infatti, un incendio doloso aveva danneggiato un’altra pala eolica.