Omicidio Gioia, Elena: non volevo uccidere papà, chiedo perdono a tutti

Avellino. L'esame della giovane, accusata insieme all'ex fidanzato dell'omicidio del padre

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Non avevo la forza di lasciarlo perché spesso minacciava di farsi del male e voleva farmi sentire in colpa

Avellino.  

«Non volevo uccidere papà. Mi dispiace tanto e farei qualsiasi cosa per poter rimediare. Chiedo scusa a tutti, alla mia famiglia in particolare, spero cheun giorno possano perdonarmi». Sono le parole di Elena Gioia, la figlia di Aldo, il 53enne ucciso con diverse coltellate dall'ex fidanzato Giovanni Limata, lo scorso anno. Elena ha parlato per la prima volta in aula (in modalità protetta per evitare compromissioni) davanti al giudice Calabrese. L'esame dell'imputata è stato avviato proprio dal suo avvocato Livia Rossi. La penalista romana è andata indietro nel tempo, dal giorno in cui è cominciata la relazione tra i due. Un rapporto sin da subito burrascoso. Tra alti e bassi. Erano più le volte che si lasciavano che quelle in cui erano insieme.

Ad un certo punto Elena si rende conto che quel ragazzo non fa per lei. Lo sanno tutti, ne parla con la madre, con la sorella, e con qualche amica. Tutti che invitano Elena a lasciarlo. Ma lei puntualmente ci ritornava insieme. Non era in grado di lasciarlo. «Non avevo la forza, perché spesso minacciava di farsi del male e voleva farmi sentire in colpa. Non voleva che mi iscrivessi all'università, ha cominciato a inviarmi delle foto con le lesioni che si procurava. Ero stressata da questo fatto e dalle sue pressioni – ha continuato Elena - inoltre prendevo farmaci per la fibromialgia che mi causavano i vuoti di memoria e mi facevano stare nervosa”.

Poi arriviamo al periodo di Pasqua, Elena voleva trascorrere Pasqua e Pasquetta con Giovanni ma la mamma non l'autorizzò. Lui si arrabbiò e scrive ad Elena: “Tua madre sarà il problema che mi farà perdere il controllo un giorno, mi fa schifo la tua famiglia. Ho capito devo fare a modo mio - scriveva ad Elena – e non devo ascoltarti”.

Elena spiega che in quel periodo stava molto male, stanca delle sue pressioni. Si arriva al 17 aprile, giorno in cui si decide la strage familiare.

Elena aveva litigato con i genitori, era sotto stress e presa dalla rabbia scrive un messaggio a Giovanni: voglio eliminare la mia famiglia e lui rispose: ci penso io.

«E' stata una frase scritta solo per la rabbia. Ma non l'ho pensato veramente. Del resto non ricordo nulla di quel periodo – riferisce Elena in aula - non riesco a focalizzare quel periodo. Ero confusa, annebbiata. E ancora oggi è come se fosse una cosa irreale. Ma di quel periodo ho rimosso tutto è come se ci fosse stato un blocco. Il risveglio l'ho avuto solo quando ho sentito papà urlare. Da allora non ho mai smesso di piangere». Elena dice anche che il periodo di detenzione le ha insegnato tanto, l'ha aiutata a capire davvero le cose sbagliate che ha fatto e che Giovanni è stato l'errore più grande della sua vita. 

In aula anche Giovanni Limata che ha prefertito non sottoporsi all'esame ma produrrà memoria scritta. La prossima udienza è per il 25 maggio.