Abbiamo inventato l'amplificatore naturale per smartphone...

E' tutto made in Irpinia. Un'idea di Mario Pagliaro e dei ragazzi di un liceo di Grottaminarda.

Tutto artigianale e in ceramica. Amplifica del 50 per cento. E costerebbe 20 euro. Ma metterlo in commercio non è semplice. Il difficile rapporto tra design e artigianato. E i limiti imposti dalla burocrazia. Altrove sarebbe già in vendita...

di Luciano Trapanese

Un oggetto semplice e geniale, che sposa artigianato e industria, tecnologia e tradizione. Nel nome del territorio. Un amplificatore naturale per smartphone (clicca sulla foto per vederlo in funzione). Made in Irpinia. O meglio, nato da una delle più riuscite iniziative di scuola lavoro. Realizzato dai ragazzi del liceo artistico di Grottaminarda (indirizzo in design della ceramica), coordinati dall'architetto Mario Pagliaro, dell'associazione “Bottega delle mani”, da sempre convinto che il futuro dell'artigianato locale possa felicemente convivere con il design per ridisegnarsi spazi importanti per il futuro. Creando – proprio per questo – nuove e importanti occasioni di lavoro.

Un oggetto – ne siamo convinti – che avrebbe anche un notevole potenziale commerciale. Ma la burocrazia e i limiti delle stesse istituzioni scolastiche, potrebbero impedire all'amplificatore naturale di diventare un oggetto di uso comune.

Diciamo la verità, negli Stati Uniti sarebbe andata diversamente.

Ne abbiamo parlato proprio con Mario Pagliaro, che insieme ai ragazzi del liceo grottese è stato l'artefice del progetto.

Com'è nata questa idea?

«Con l'iniziativa scuola lavoro. Ho detto subito ai ragazzi che un designer non è un artista. Non realizza cose belle ma prodotti commerciabili, magari coniugati anche con le peculiarità del territorio».

Qual è stato il primo passo?

«Far capire come funziona davvero il lavoro del designer. Che non è e non deve essere stravagante, ma partire dalle esigenze di mercato. Quindi abbiamo fatto una ricerca sui principali siti di vendita sul web, come Amazon ed Ebay, per verificare quali erano i prodotti più richiesti e la fascia di prezzo».

Il risultato?

«Beh, era abbastanza scontato: gli oggetti più acquistati on line sono quelli elettronici e con un costo medio basso».

Questo il punto di partenza...

«Sì, poi uno dei ragazzi, Gerardo, ha proposto un amplificatore per smarthopne. Ci abbiamo pensato: doveva essere totalmente artigianale, quindi fatto a mano, con un costo abbordabile e perfettamente funzionante. Per la lavorazione della ceramica abbiamo pensato alla “trafila”, rifacendoci all'esperienza di Alessio Tasca. L'idea originaria era quella una pennetta, l'dea era venuta a uno studente mangiando la pasta con il sugo. Ma non dava buoni risultati con l'acustica. Quindi abbiamo immaginato qualcosa di diverso».

Vi ha aiutato anche qualche esperto artigiano...

«Si è stato importante il ruolo del ceramista Flavio Grasso, che è stato il tutor in materia».

Quanto potrebbe costare sul mercato l'amplificatore naturale?

«Anche se è fatto tutto a mano non avrebbe un prezzo superiore ai venti euro».

Andrà mai sul mercato?

«Qui sorgono i problemi, che poi sono i problemi che affrontano tutti i designer. Partita Iva, trafile burocratiche, iscrizione alla cassa artigiana».

La scuola potrebbe farlo produrre ad altri e intascare i diritti?

«Sì, sarebbe l'idea più semplice. Potrebbe anche essere una fonte di autofinanziamento...»

L'associazione “Bottega delle mani” aveva avviato un discorso interessante, un connubio tra artigiani e designer...

«E' rimasto solo sulla carta, purtroppo. Soprattutto al sud c'è una forte resistenza da parte degli artigiani. Certo, ci sono le mosche bianche. Ma quasi tutti sono – come dire – populisti. Nel senso che fanno solo quello che chiede il cliente, non amano molto investire in innovazione, sperimentare. Posso anche capirli, in una settimana possono realizzare una cucina in muratura e guadagnare molto di più rispetto alla realizzazione di pezzi di design. Proprio per questo molti designer si sono attrezzati anche per fare gli artigiani. Ma i risultati non sono brillanti. Da qui nasce lo stile brutale o minimale. In realtà si fanno oggetti brutti o minimali sono perché manca la competenza di un artigiano vero. E' un peccato, nelle nostre zone potremmo dar vita a qualcosa di veramente importante e in grado di competere sul mercato internazionale. Ma bisogna crederci...»