Fca Pratola Serra, quale futuro nel dopo Marchionne?

Il cambio al vertice di Fca innesca preoccupazioni e domande anche a livello locale.

La sfida decisiva è quella sulle auto elettriche e la trasformazione degli stabilimenti. Anche quelli storici come a Pratola Serra.

Pratola Serra.  

 

di Andrea Fantucchio 

L'arrivo del manager Mike Manley al vertice di Fca ha avuto conseguenze sull'umore degli operai e dei sindacati dello stabilimento di Pratola Serra. E non poteva essere altrimenti. L'universo dell'auto si chiede in che direzione e come si muoverà il mercato italiano. Ora che il manager Sergio Marchionne, a causa di problemi di salute, è stato obbligato a fare un passo indietro.

La sfida più importante è quella sull'auto elettrica o comunque sulla conversione dal diesel alle energie rinnovabili. Una partita che lo stesso Marchionne, prima critico con il cambio tecnologico, aveva definito decisiva.

«Le case automobilistiche hanno meno di dieci anni per reinventarsi: entro il 2025 metà delle auto prodotte al mondo saranno elettrice o ibride». Così parlava l'ex numero uno di Fca. Un pensiero in linea con quello dei grandi Ceo mondiali nel settore automobilistico.Una rivoluzione che passa anche da stabilimenti storici come quello di Pratola Serra. Intorno al quale ruotano 1800 operai. E che – per citare Marco Bentivogli, capo della Fim (metalmeccanici Cisl) - «dovranno cambiare pelle per sopravvivere».

Puntare sull'elettrico significa reinventare il concetto di produzione. Dalla trasmissione, alla marcia, fino al motore. Non si tratta, insomma, di collegare l'auto a una gigantesca batteria. E' chiaro che le figure necessarie, a far funzionare lo stabilimento, dovranno avere un'organizzazione e soprattutto una formazione differenti. Senza parlare delle tecnologie che andranno adeguate: e per questo servono investimenti e piani industriali oculati.

Come i lavoratori affronteranno questo cambiamento? Molto dipenderà dall'atteggiamento sindacati. La Cgil Avellino resta allerta.

Scrive in una nota il segretario provinciale Franco Fiordellisi: «Bisogna colmare il preoccupante ritardo negli investimenti sulla trazione ibrida ed elettrica che coinvolge in particolare i due stabilimenti di produzione motori diesel, quelli di Pratola Serra e di Cento. La Camera del lavoro di Avellino ha supportato tutte le azioni messe in essere dalla Fiom Cgil per sensibilizzare sul rischio che corrono i 1800 addetti dell’industria della Valle del Sabato: ci siamo rivolti ai lavoratori e alle altre sigle sindacali firmatarie del Ccsl (contratto collettivo specifico), di prossima scadenza, per avviare un'azione unitaria verso la Fca e fare chiarezza sul futuro di Pratola Serra, chiedendo investimenti e lo spostamento di produzioni sull'area avellinese».

I vertici nazionali hanno anche chiesto al più presto un incontro con la dirigenza di FCA e i rappresentanti di Governo. Una richiesta lecita. Purché non si vada incontro a uno scenario, tratteggiato stamattina in un articolo del Corriere della Sera a firma di Raffella Polato. E cioè che i sindacalisti finiscano per porre l'attenzione solo sugli stabilimenti locali, limitandosi alle esigenze del territorio, e dimenticando l'organizzazione d'insieme costruita da Marchionne in questi anni con una rete di manager dislocati sul territorio e la distribuzione della produzione. Certo preservare i lavoratori è d'obbligo. Ma ci sarà una ragione se i motori si fanno a Termoli e le piccole Jeep a Melfi. Non capirlo sarebbe da miopi. Futuro e mantenimento dei livelli occupazionali possono convivere. Anche in Irpinia.