"Noi ti crediamo, basta violenza". In presidio davanti al tribunale

Il caso: continua a far discutere la richiesta di archiviazione dopo la denuncia di una donna

noi ti crediamo basta violenza in presidio davanti al tribunale
Benevento.  

La violenza non si archivia. E' lo slogan del presidio che si è tenuto questa mattina davanti al tribunale di Benevento. Al centro una vicenda che ha suscitato clamore: una pm della Procura di Benevento ha chiesto l'archiviazione delle indagini scaturite dall'esposto di una donna che ha denunciato il marito per maltrattamenti e violenza sessuale.
“A volte – ha scritto la Pm in un contestatissimo passaggio della relazione con cui ha motivato l'archiviazione - l'uomo deve "vincere quel minimo di resistenza che ogni donna, nel corso di una relazione stabile e duratura, nella stanchezza delle incombenze quotidiane, tende a esercitare quando un marito tenta un approccio sessuale".

“Abbiamo cercato di contestualizzare le motivazioni che hanno portato alla richiesta di questa archiviazione – ha spiegato Alda Parrella, presidente dell'associazione Exit Strategy che ha promosso il presidio con potere al Popolo - Benevento - e abbiamo capito che si è cercato di normalizzare comportamenti che da anni condanniamo. Una donna, una moglie una compagna non deve aver bisogno di urlare il proprio rifiuto. E dalle dichiarazioni della donna è emerso che stava vivendo una situazione di violenza, tanto che ora si trova presso una casa protetta”.

La presidente di Exit Strategy mette in evidenza i contorni della vicenda “Una violenza accaduta mentre c'era un figlio piccolo a letto – e aggiunge – in un'altra occasione, in presenza dei figli e della madre, sarebbe stata minacciata con un coltello. L'uomo avrebbe giustificato il gesto come uno scherzo. Aspetteremo l'evoluzione del procedimento – conclude – se sarà accettata continueremo a manifestare contro le violenze in tribunale che purtroppo esistono ancora come esiste la svalutazione delle parole delle donne”.
Al presidio “Noi ti crediamo! Basta violenza nei tribunali!” le manifestanti hanno voluto reciare un documento con la loro posizione:

“Alla lettura delle motivazioni della richiesta di archiviazione di una PM della Procura di Benevento, sulla denuncia di una donna per maltrattamenti e violenza sessuale da parte dell’ex marito, abbiamo strabuzzato gli occhi, credendo di rileggere una sentenza del 1967, quella in cui la Suprema Corte scriveva "non può raffigurarsi violenza in quella necessaria a vincere la naturale ritrosia femminile" nell'epoca in cui il matrimonio era la coperta sotto la quale si nascondeva non solo la polvere delle suppellettili ma anche i soprusi dell'allora "capofamiglia", quando le violenze sessuali subite dalle mogli erano solo un affare di famiglia, tanto la morale era salva; quando per la violenza sessuale era applicato lo stesso sistema dei negozi di cristalleria dove " chi rompe paga e i cocci sono i suoi". Non possiamo accettarlo, perché abbiamo lottato troppo, per troppo tempo.
Non possiamo accettare che i "reati spia" del femminicidio: lo stupro, lo stalking, le minacce, le violenze fisiche e psicologiche, gli atti persecutori, le aggressioni, il revenge porn, i ricatti economici e, in generale, tutti quei crimini perpetrati da parte di mariti, compagni o ex fidanzati ai danni delle proprie mogli, conviventi o ex, con il preciso scopo di controllarle, impaurirle o limitarne la libertà personale, siano ancora una volta minimizzati, e non da una conduttrice televisiva, come avvenuto qualche mese fa, ma da un'operatrice del diritto.
Richiamare il primato della famiglia rispetto alla donna, evidenziare il ruolo del padre come capo-famiglia o sottolineare un presunto “obbligo coniugale”, giustificare una cultura del controllo nelle relazioni, spostare il discorso dalla violenza al conflitto, minimizzando la gravità dei fatti:
è esattamente tutto quello che porta a rivittimizzare la vittima di strupro e fare in modo di disincentivare le denunce per violenza sessuale o domestica.
Ancora una volta siamo qui a richiedere un sistema giudiziario che riconosca la violenza che avviene all’interno delle relazioni affettive e familiari, che metta al centro il rispetto e l’integrità della donna, qualunque sia il tipo di relazione con l’uomo accusato di violenza, che identifichi la violenza legata al controllo dell’uomo sulla donna anche nei contesti di separazione”.

Una vicenda sulla quale la Procura ha già chiarito che è ancora da determinare l'esito del procedimento. E che la richiesta assunta ha ritenuto che non ricorresse il quantum probatorio e che non esiste sottovalutazione dei fatti ma l'impegno dell'ufficio in tema di violenza di genere.